E’ (sempre) il tempo della “ecologia dell’uomo”
<<Il movimento ecologico ha scoperto il limite di quello che si può fare e ha riconosciuto che la “natura” stabilisce per noi una misura che non possiamo impunemente ignorare. Purtroppo non si è ancora concretizzata “l’ecologia dell’uomo”. Anche l’uomo possiede una “natura” che gli è stata data, e il violentarla o il negarla conduce all’autodistruzione>>. Benedetto XVI
Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 (pre-conflitto russo-ucraino), nella cronaca Covidcentrica si sono registrate almeno due incursioni particolarmente degne di nota: il Ddl Zan prima, il referendum sull’eutanasia poi. Destino amaro per entrambe, infrantesi, rispettivamente, contro la “tagliola” ed il voto segreto del Senato e la bocciatura della Consulta.
Le questioni, tuttavia, sono ancora apertissime, tanto tra gli schieramenti politici quanto nel dibattito che anima la società civile, ed i promotori delle iniziative già preparano il rilancio.
Sorprende, in parte, che tali spinte, accomunate dalla tendenza a considerare l’uomo come soggetto sempre più “ab-solutus”, “sciolto da…” – ogni cosa all’infuori di sé, verrebbe da dire -, si manifestino con inedita intensità nello stesso periodo in cui si fa largo, come mai prima, la consapevolezza della necessità di ridurre l’impatto delle attività umane sull’ambiente.
Se da un lato, infatti, si riconosce la gravità del superamento del limite (quella misura stabilita per noi dalla natura di cui parla Benedetto XVI), dall’altro si rifiuta l’dea che anche l’uomo possegga una natura datagli, negando la quale non si produce alcunché di buono.
Un rifiuto che, nel testo del Ddl Zan, è reso evidente dalla scelta di inserire, tra le definizioni riportate all’Articolo 1, quella di identità di genere, intesa come <<l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione>>.
Una simile contestazione della propria natura suggerisce che l’uomo esista, ormai, solo in astratto, e che poi scelga per sé, autonomamente, qualcosa come sua natura. Già nel Gennaio del 2013, in occasione dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, Papa Benedetto XVI sottolineava la gravità della questione e metteva in guardia dal rischio che tale corrente di pensiero potesse condurre ad una drammatica solitudine.
In quanto alla richiesta di referendum sull’eutanasia, nome “commerciale” di grande impatto con cui è stato ribattezzato il quesito di abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale, regolante l’omicidio del consenziente, il milione abbondante di firme raccolte è ulteriore, inequivocabile testimonianza dell’aspirazione dell’uomo ad una presunta forma di libertà piena, che egli identifica con la rottura di ogni legame, con lo scioglimento di ogni vincolo: con la condizione, insomma, di soggetto absolutus.
E non ci si ferma neppure un istante a considerare se, quella di chi si trova in uno stato di prostrazione tale da arrivare a desiderare la morte, possa ritenersi vera libertà o se, piuttosto, la condizione di costoro sia equiparabile a quella di quei prigionieri che, sottoposti ad atroci torture, finiscono per confessare colpe delle quali non si sono realmente macchiati, pur di far cessare il supplizio.
Un supplizio di fronte al quale, nel discorso introduttivo all’Angelus dell’1 Febbraio 2009, Papa Benedetto XVI indicava che <<la vera risposta non può essere dare la morte, per quanto “dolce”, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano>>.
Ecco, “in modo umano”: parole che dovremmo riscoprire e tenere bene a mente, mentre vediamo i contorni di quella stessa dimensione dissolversi sotto i colpi, forti ed insistenti, di un moderno prometeismo.
Nelle battute inziali si parlava di sorpresa, sì, ma parziale: se è vero, infatti, che le formazioni politiche si sono mostrate ricettive alla questione ambientale, è altresì evidente come le stesse, incluse quelle che pure la professano, abbiano messo in soffitta da tempo l’ispirazione cristiana e risultino incapaci di esprimersi in maniera credibile, con solide argomentazioni, su tematiche di fondamentale importanza come quelle di cui sopra.
Il lavoro da fare è tanto, ma è doveroso incaricarsene: d’altronde, è sempre tempo per una “ecologia dell’uomo”.
Filippo Giorgio Maitan