L’Arabia Saudita ha annunciato che ad aprile aumenterà le forniture di 2,6 milioni di barili di petrolio al giorno. Una quantità di greggio immensa, considerando che i consumi sono calati a causa del coronavirus.
Il crollo delle quotazioni del barile su livelli insostenibili per qualunque produttore, insieme alla rapida escalation di Riad, sembra aver gettato le basi per una tregua tra i colossi petroliferi.
Dalla Russia è arrivata una prima apertura a riprendere le trattative su tagli di produzione nell’ambito dell’Opec Plus.
A sorpresa gli Stati Uniti dello Shale Oil hanno cancellato la maxi vendita di riserve petrolifere annunciata un paio di settimane fa.
«Date le attuali condizioni del mercato petrolifero, non è il momento ottimale per vendere», ha spiegato il dipartimento Usa dell’Energia.
L’annuncio di Riad è arrivato in via ufficiale: dal 1° aprile le consegne di greggio concordate con i clienti saliranno a 12,3 mbg, un aumento del 25% rispetto agli attuali 9,7 mbg estratti dalla compagnia.
La decisione non ha fatto sprofondare ulteriormente le quotazioni del petrolio che anzi sono rimbalzate più del 10%, con i future sul Brent che alle 20 sfioravano i 38 dollari al barile.
Riad nel weekend aveva offerto super sconti sui prezzi di listino offerti dalla compagnia, che secondo indiscrezioni hanno spinto alcune raffinerie ad incrementare del 30-50% gli ordini di greggio saudita, a scapito si presume di forniture di altra origine.
La Russia da un lato ha raccolto la sfida saudita e dall’altro si offre per tornare a collaborare nella cornice dell’Opec Plus.
Il ministro dell’Energia, Alexandr Novak, ha dichiarato che Mosca si accinge ad estrarre 300mila bg in più e che l’incremento potrebbe spingersi a 500mila bg.
Lo stesso ministro Novak, che venerdì 6 aveva fatto saltare le trattative al vertice di Vienna,
oggi si è tuttavia mostrato disponibile a ricucire con gli ex alleati.
Per il momento Riad gli ha sbattuto la porta in faccia. Il ministro saudita Abdulaziz Bin Salman, ha detto di non riuscire a condividere la fiducia in un meeting così presto: servirebbe «solo per dimostrare il fallimento nel fronteggiare l’attuale crisi». «In un mercato libero – ha rincarato la dose – ogni produttore di petrolio è libero di dimostrare la sua competitività e di conservare e accrescere la sua quota di mercato».
Nel frattempo però c’è stata una telefonata (confermata dalla Casa Bianca) tra Donald Trump e Mohammed Bin Salman, il potente principe ereditario saudita.
Non è chiaro che cosa stia avvenendo dietro le quinte. Ma è certo che il presidente Trump – pur mostrandosi spavaldo di fronte a quelli che ha definito «litigi» tra Mosca e Riad – comincia a temere conseguenze pesanti per le società dello shale oil.