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    Guerra Ucraina: tra speranze e scetticismo

    Guerra Ucraina: tra speranze e scetticismo
    Il rischio, dopo oltre un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, è di considerare questa guerra come una routine, qualcosa con cui ci siamo un po’ abituati a convivere.
    E’ il paradosso di una battaglia che è fatta non solo di spari e di missili, ma molto anche di caccia alle news e di strategia della disinformazione mediatica.
    Le ultime di oggi fanno registrare il tentativo turco di Erdogan di organizzare un incontro tra Putin e Zelensky, in un clima di grande diffidenza e di poche certezze anche sulle regole di ingaggio. La disinformazione, appunto.
    Quel che non è opinabile sono le esplosioni nel centro di Kiev di questa mattina. Una in particolare è stata avvertita in modo violento, ma non è chiaro se sia la detonazione di un razzo colpito dalla difesa ucraina o il boato di un bersaglio colpito.
    Anche Mariupol continua ad essere sommersa da una fitta pioggia di razzi russi, anche se questa mattina Putin ha concesso uno stop almeno per consentire la riapertura di qualche corridoio umanitario
    Se si affaccia un timido ottimismo verso le iniziative diplomatiche, ancora coperte da una coltre di diffidenza, ma sempre più orientate verso obiettivi di accordo più realistici da entrambe le parti, a tenere la scena è lo scontro sul piano economico, in particolare la disputa nata intorno alla valuta con cui pagare il gas russo da parte dell’Occidente.
    L’arma del ricatto di Putin è fin troppo semplice: o si paga in rubli, anziché in dollari, o niente energia. In questo modo la divisa russa ha cominciato a recuperare valore rispetto al dollaro e all’euro, dopo settimane in cui era stato pesantemente svalutato.
    La Germania ha già fatto sapere che pagherà in euro o in dollari; anche su questo fronte è verosimile pensare che la querelle si risolverà solo con la fine della guerra.
    Le vicende economiche ed energetiche rappresentano un ulteriore scenario di ostilità russa nei confronti degli alleati dell’Ucraina e anche per questo motivo si vuole accelerare la riuscita delle azioni diplomatiche per portare Putin e Zelensky allo stesso tavolo per chiudere le ostilità e ridisegnare i nuovi equilibri geopolitici ed economici mondiali.
    In casa ucraina, fa notizia la dichiarazione del primo ministro Shmygal che ha annunciato l’inizio delle attività agricole primaverili legate alla semina dei prodotti di quello che viene considerato il “granaio d’Europa”. Per quanto un po’ surreale, la notizia è positiva, vista la dipendenza di molti paesi dalla produzione di farine ucraine.
    Dopo un mese abbondante, la guerra è entrata in una fase nuova, dove si registra una strenua resistenza delle città ucraine ai tentativi di sfondamento russi, un apparente ritiro delle truppe di Putin, verosimilmente un riposizionamento in funzione di un cambio di strategia più concentrata su pochi obiettivi. Fa pensare a qualche difficoltà anche l’ultimo decreto firmato da Putin per il reclutamento obbligatorio di circa 135 mila persone tra i 18 e i 27 anni che dovranno rispondere alla chiamata tra aprile e luglio.  
    Il nostro primo Ministro, Mario Draghi, ha fatto sapere di aver chiesto a Putin di rendersi disponibile a incontrare Zelensky, ma ha precisato che pur con qualche elemento di ottimismo, i tempi non sono ancora maturi perché l’incontro tra i due si possa realizzare. Deve scemare lo scetticismo ancora presente da entrambe le parti e lasciare il posto a elementi di negoziazione concreti. L’Italia si è resa disponibile a svolgere un ruolo concreto di mediazione e di garanzia.
    Mentre Mariupol viene definita dai testimoni come una nuova Stalingrado, ovvero una città rasa al suolo, si intrecciano agli eventi bellici le questioni economiche e il problema degli approvvigionamenti dell’energia, oltre alla costante transumanza di profughi ucraini verso luoghi di accoglienza che, Deo gratias, non mancano in tutta Europa. L’insieme di tutti questi elementi rende evidente che questa guerra è una sciagura di proporzioni mondiali che va fermata ad ogni costo il prima possibile.
    Pietro Broccanello

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