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    Ucraina – Russia: attacco a Belgorod, a Mariupol Croce Rossa non può entrare

    Ucraina – Russia: attacco a Belgorod, a Mariupol Croce Rossa non può entrare

    Nel giorno 37 dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, continuano a giungere pessime notizie sullo stato del conflitto. Ieri a Belgorod, in Russia vicino al confine, un attacco ha ridotto un deposito petrolifero in fiamme: i russi accusano l’Ucraina di un attacco con elicotteri. Anche a Kiev si sono registrati pesanti scontri vicino alla città. A Mariupol la Croce Rossa è impossibilitata a raggiungere la città, anche se un primo convoglio di sfollati ha lasciato la città. Putin stringe ulteriormente rispetto all’esportazione di gas, ma Biden ha annunciato il rilascio di 180 milioni di barili di petrolio in 6 mesi.

    La giornata di ieri si è aperta già all’alba con una notizia che a prima vista sembrerebbe “sbagliata”, viste le notizie a cui siamo stati abituati da ormai più di un mese di guerra. Un altro attacco, diretto contro la cittadina di Belgorod, sempre sul confine russo-ucraino ma dalla parte russa, ha prodotto il pesante incendio di un deposito petrolifero. Questa volta, però, ad attaccare sono state le forze aeree ucraine, almeno a quanto denunciato dai russi ieri mattina.

    A partire dall’accaduto si sono scatenate speculazioni ed interpretazioni di vario tipo, ma salvo che manchi qualche tassello essenziale nella scacchiera l’accaduto rappresenta il primo vero episodio di controffensiva dell’esercito ucraino in questa guerra, che è riuscito sorprendentemente a spingersi persino oltre i propri confini.

    Un evento che – al netto delle informazioni più precise e dettagliate che emergeranno – convalida con ogni probabilità alcune convinzioni che erano presenti, sebbene molto offuscate dagli eventi che si sono susseguiti nelle scorse settimane, fin dall’inizio della guerra. Ovvero che le forze aeree di Kiev (in questo caso principalmente elicotteri) continuano ad operare con vigore e sono in grado di raggiungere obiettivi persino in territorio nemico, a dispetto della tragedia che si sta invece consumando via terra. In secondo luogo risalta il fatto che Mosca non sia riuscita, dopo più di un mese, ad ottenere la supremazia aerea che andava proclamando già da diverso tempo.

    Si tratta naturalmente di un episodio per ora isolato, ma che conferma quanto già conoscevamo sulla tenacia e organizzazione delle forze armate ucraine, meritevoli anche di aver condotto una strenua resistenza anche durante i numerosi attacchi alle proprie città.

    Attacchi che sono proseguiti con violenza anche ieri, e in questo caso l’offensiva si è svolta nella consueta direzione, ovvero da parte dei russi. Il sindaco di Kiev ha riferito di pesanti attacchi avvenuti attorno alla capitale, mentre a Chernihiv, a quanto riportato dal governo ucraino, i russi hanno distrutto il reparto oncologico di uno dei principali ospedali.

    Sempre molto grave permane la situazione anche a Mariupol, ormai da tempo rivelatasi uno dei principali obiettivi imprescindibili per Mosca, almeno stando allo sforzo adoperato e al quantitativo di forze impiegate.

    Qui il governo ucraino sta inviando decine di autobus per cercare di evacuare i cittadini ormai allo stremo, ma le possibilità di sfollamento e di utilizzo di corridoi umanitari sono sempre fortemente ostacolate (o impedite) dai bombardamenti russi. Anche la Croce Rossa ha dichiarato l’impossibilità di accedere alla città per evacuare i civili. Tuttavia il Comitato internazionale per la Croce Rossa ha detto che un piano di evacuazione è stato approvato in comune accordo tra le autorità di Ucraina e Russia, anche se c’è da capire come sempre se e quanto verrà effettivamente rispettato.

    Anche sulla questione economica le posizioni sembrano irrigidirsi ogni giorno di più, con il presidente russo Vladimir Putin che, dopo aver stabilito la possibilità d’acquisto del gas solamente in rubli, ha minacciato di interrompere del tutto le forniture di gas per i Paesi ostili.

    In tutta risposta il suo collega americano Joe Biden ha annunciato la decisione degli USA di rilasciare 180 milioni di barili di petrolio nei prossimi mesi, presi dalle scorte strategiche degli Stati Uniti. Il significato dell’operazione è ovviamente economico, per consentire il notevole abbassamento del prezzo del petrolio e dei suoi derivati sul mercato, ma anche politico, per dimostrare alla Russia che la sua influenza sull’andamento dei mercati globali non è così sostanziale come pensa.

    Intanto il tema del gas russo resta comunque centrale in Europa e le sanzioni contro la Russia sono state nuovamente al centro del vertice di ieri tra Ue e Cina.

    Per finire invece sul fronte diplomatico, nonostante gli attacchi non si fermino e la Russia non dia l’impressione di voler terminare la guerra, sono ripresi i colloqui online tra le delegazioni dei due Paesi e ieri il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato che il Cremlino valuterà senz’altro le proposte presentate dall’Ucraina durante i negoziati a Istanbul e formulerà al più presto una risposta.

    Pietro Broccanello

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