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    Guerra Ucraina: Russia riapre al dialogo

    Guerra Ucraina: Russia riapre al dialogo
    Giorno 56 del conflitto, lo scenario di guerra è ormai concentrato nel versante ad est dell’Ucraina. Mariupol è sommersa da una pioggia di bombe che segue la scadenza dell’ultimatum russo di abbandonare le acciaierie. Gli ucraini non mollano e sembra che in tutta la regione del Donbass l’offensiva russa non faccia registrare passi avanti nel tentativo di conquistare i territori russofoni. Il sindaco della città ha invitato i propri concittadini ad abbandonare la città ormai ridotta in macerie. Grazie a un accordo sui corridoi umanitari i residenti si possono spostare indossando un nastro bianco al braccio come segno di riconoscimento.
    La resistenza ucraina è indomabile, anche se Zelensky continua a chiedere rifornimento di armi, sollecitando gli alleati occidentali a fare presto, considerando – sempre secondo il leader ucraino – la possibilità di respingere i russi dall’intero territorio invaso.
    Se questa sia la battaglia decisiva o meno non è dato sapere, ma intanto gli USA annunciano nuove forniture militari per un valore di 800 milioni di dollari e Biden sollecita gli alleati a nuove sanzioni e al blocco dell’acquisto di petrolio russo con l’obiettivo di isolare definitivamente la Russia e costringerla alla ritirata.
    Le difficoltà di Mosca sembrano reali, visto che dal Cremlino è arrivata la notizia di una nuova bozza inviata a Kiev per riprendere i colloqui ormai interrotti da diversi giorni.
    Non convince nemmeno la prova di forza annunciata da Putin che si dice pronto ad utilizzare un nuovo missile intercontinentale Sarmat come arma di deterrenza che “farà riflettere chi ci minaccia”.
    In questo scenario la propaganda russa non si ferma e manda in scena una parata militare da svolgersi il 9 maggio, data presunta della conquista di Mariupol. Da comunicati di questo genere trapela la paura di Putin di incappare in una sconfitta senza precedenti, dopo aver provato il blitz fallito ormai quasi due mesi fa. Anche le nuove epurazioni dei vertici militari russi, rei secondo il leader del Cremlino di aver fornito informazioni sbagliate sulla resistenza ucraina.
    Se nei territori sotto assedio i russi rispolverano simboli di matrice sovietica, in Polonia prosegue lo smantellamento di ciò che resta del vecchio skyline sovietico, segno che anche i polacchi non temono più l’antico invasore.
    Sul versante internazionale gli emissari di Putin al Wto continuano la polemica sulle sanzioni imposte alla Russia e le battezzano come azioni illegittime. Come se l’invasione dell’Ucraina fosse un’azione legittima…
    Il presidente russo ha dato ordine al governo fantoccio da lui presieduto di preparare entro il primo giugno una “strategia” con la quale Mosca risponderà nell’ambito dell’Organizzazione per il commercio internazionale (Wto) alle sanzioni occidentali, che definisce “illegittime” e “contrarie ai principi del Wto”.
    Intanto va annotata la visita del presidente del Consiglio europeo Charles Michel a Kiev, ulteriore segnale di volontà della UE di prendere in seria considerazione l’ingresso di Zelensky e della sua nazione nel consesso europeo.
    Sul versante nostrano il Viminale fa i primi bilanci della situazione dei profughi, contando ad oggi l’arrivo di quasi 100mila persone arrivate in Italia finora. La nostra capacità di popolo solidale e generoso ancora una volta si è fatto notare per efficienza e spirito di fratellanza.
    Nel mondo asiatico anche la temibile ed ambigua Cina sembra disponibile a dialogare, pur con toni non sempre amichevoli. Il ministro della Difesa cinese in un colloquio con il capo del pentagono ha chiesto agli USA solamente di non utilizzare la situazione ucraina come arma di minaccia nei confronti della Cina; ma la notizia è la ripresa di un dialogo tra i due colossi economici e la distanza ancora evidenziata dalle azioni di Putin. Nel linguaggio cinese un bel messaggio di presa di distanza dell’ormai isolato leader del Cremlino.
    Come si diceva, riappaiono timidamente i tentativi di negoziazione, per iniziativa russa. Mosca non fa diktat, ma chiede all’Ucraina (e ai suoi sostenitori) di cercare accordi realistici. In sintesi: una exit strategy senza umiliazioni cocenti.
    All’alba del secondo mese di conflitto si intravvede uno spiraglio minimo di luce in fondo al tunnel, forse più per il logoramento e la perdita di credibilità della Russia che per una reale presa di coscienza del suo leader di aver innescato un conflitto privo di possibilità di successo.
    In risposta alla proposta russa di accordo, Kiev non ha declinato, ma ha chiesto tempo per valutare quali garanzie reali offra Mosca in ordine alla sicurezza rispetto a possibili nuovi attacchi futuri. Non è poca cosa, soprattutto dopo giorni di stallo e di escalation delle ostilità.
    Intanto il fronte interno russo appare sempre più spaccato e l’opinione pubblica comincia a dare segnali di insofferenza verso una guerra subita anche dal popolo russo, stufo di aspettare una ventata di democrazia e di benessere che questi ultimi due mesi hanno allontanato nel tempo a chissà quando.
    Determinante nella crescente protesta interna è anche l’alto numero di vittime tra i militari russi. Ormai il partito dei falchi anti Putin sta crescendo e forse a breve si potrà ipotizzare una via di uscita reale da questa inutile guerra.
    Pietro Broccanello

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