Istat, rapporto Bes: la difficile ripresa dell’Italia post covid
Emergenza sanitaria e crisi occupazionale. Sono questi i due elementi che hanno profondamente condizionato gli ultimi due anni con inevitabili ripercussioni sul benessere degli italiani. È quanto emerge dalla nona edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) stilato dall’Istat che si compone di 12 domini incentrati su 153 indicatori. Il 2020 è stato veramente un ‘annus horribilis’ per l’Italia che risulta tra i Paesi con il maggior numero di morti per abitanti (1.236 decessi per 100mila abitanti rispetto alla media europea di 1.161 decessi), un dramma che dipende anche dal fatto che “e l’Italia è il paese più vecchio d’Europa” sottolinea l’Istat.
Sul fronte lavoro, nel 2021 l’occupazione è tornata a crescere, recuperando però solo parzialmente le pesanti perdite dovute al covid. Il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni sale al 62,7% ma resta al di sotto del livello pandemico. D’altra parte, il mercato del lavoro italiano era tutt’altro che solido prima dell’emergenza sanitaria, avendo realizzato un recupero molto contenuto rispetto al 2008 e arrancando rispetto alle performance di tutti i maggiori Paesi europei. L’Istat sottolinea come La distanza con la media Ue27 sia ulteriormente aumentata negli ultimi 48 mesi. Desta preoccupazione (ma non sorpresa) la posizione di leader dell’Italia nella classifica europea dei Neet, cioè quei giovani che non studiano e non lavorano. L’anno scorso, tra i giovani nella fascia 15-29 anni, il 23,1% non studiava né lavorava, un valore in calo rispetto al 2020 (23,7%) ma in aumento di 1,6 punti percentuali rispetto all’anno precedente la pandemia.
Nel complesso gli indicatori del benessere economico registrano un lento miglioramento dopo l’esplosione della pandemia. Ciononostante, quasi una famiglia su tre ha osservato un peggioramento della propria situazione economica, dal 29% del 2020 si è passati al 30,6% del 2021, in deciso aumento rispetto al 25,8% del 2019. Nel 2021, il reddito disponibile delle famiglie e il potere d’acquisto hanno segnato una ripresa, pur restando al di sotto dei livelli precedenti la crisi. La crescita sostenuta dei consumi finali ha generato una flessione della propensione al risparmio che, tuttavia, non è tornata ai valori pre-pandemia.
Una quota consistente di famiglie dichiara che il Covid-19 ha comportato una perdita di reddito per il proprio nucleo familiare (32,9%, 32,1% e 28,1%, rispettivamente in Centro, Mezzogiorno e Nord) mentre l’11,3% ha avuto bisogno di ricorrere ad aiuti economici da parte di familiari o parenti. Parallelamente, il 9% delle famiglie ha chiesto prestiti o finanziamenti bancari (più di frequente nel Nord, con 9,5%, e nel Centro, con 9,3%, rispetto all`8,1% registrato nel Mezzogiorno).