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    Istat: fiducia consumatori ai minimi da novembre 2020. Sale quella delle imprese

    Istat: fiducia consumatori ai minimi da novembre 2020. Sale quella delle imprese
    Ad aprile cala l’indice del clima di fiducia dei consumatori che passa da 100,8 a 100,0, raggiungendo il livello più basso da novembre 2020. È quanto stima l’Istat nella sua ultima rilevazione. È vero che si tratta di una variazione negativa sotto il punto percentuale, tuttavia, l’istituto nazionale di statistica sottolinea come tutte le componenti dell’indice risultino in diminuzione ad eccezione del clima futuro. Nello specifico, il clima economico scende da 98,2 a 97,3, il clima personale cala da 101,7 a 100,9 e il clima corrente registra la flessione più marcata, passando da 105,7 a 100,8. In controtendenza rispetto alle altre componenti, il clima futuro, appunto, che aumenta da 93,5 a 98,9.
    Situazione opposta per il clima di fiducia delle imprese che aumenta leggermente, passando da 105,3 a 105,5 anche se dai comparti oggetto della rilevazione provengono segnali discordanti. Dinamica sostanzialmente stabile per l’industria manifatturiera (da 110,1 a 110,0), mentre nel comparto costruzioni l’indice risulta in leggero aumento (da 160,1 a 160,6). Segnali positivi anche nel commercio al dettaglio dove la fiducia passa da 100,1 a 103,4 mentre nei servizi di mercato si registra un peggioramento con l’indice che scende da 98,9 a 97,0.
    Secondo il capoeconomista di Nomisma, Lucio Poma, “i consumatori sono più sensibili alle notizie esterne e reagiscono con maggiore intensità. I timori delle ricadute economiche della guerra hanno mortificato le loro aspettative”. Per Confesercenti, “le tensioni internazionali continuano ad erodere la fiducia degli italiani, già messa a dura prova dal mancato superamento definitivo della pandemia”. La situazione di guerra e alta inflazione colpisce tuttavia l’intero Paese, motivo per cui sorprende la dinamica inversa che vive il mondo produttivo. Da settimane gli imprenditori italiani lamentano bollette energetiche insostenibili, eppure il clima di fiducia resiste. Per Poma, “le imprese […] nonostante il rincaro energetico, la carenza di materie prime e l’inflazione, mantengono viva una fiammella di aspettative positive. Questo in quanto gli ordinativi non mancano. A mancare sono però costi adeguati e materie prime per soddisfarli”.
    Parallelamente, l’Istat rileva come tra gennaio e marzo di quest’anno, la retribuzione media oraria media sia più elevata rispetto allo stesso periodo del 2021 dello 0,6%. Su base mensile, a marzo l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,7% rispetto a marzo 2021. L’Istat sottolinea come La durata dei contratti e i meccanismi di determinazione degli incrementi contrattuali seguiti finora abbiano determinato un andamento retributivo che, tenuto conto della forte spinta inflazionistica, porterebbe, nel 2022, a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali.

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