Ucraina, il Pentagono chiama Mosca per il cessate il fuoco
Ieri, al 79esimo giorno di guerra in Ucraina, ci sono stati importanti sviluppi sui principali avvenimenti degli scorsi giorni, sia sul fronte bellico che su quello diplomatico. A cominciare dalla “svolta” nei rapporti tra Stati e Uniti e Mosca, dopo la missione di Mario Draghi a Washington, con il Pentagono che ha aperto dopo molto tempo un canale di comunicazione con il Cremlino per richiedere il cessate il fuoco.
Nella giornata di ieri il capo del Pentagono Lloyd Austin ha tenuto un colloquio telefonico con il ministro delle difesa russo Sergej Shoigu, durante il quale ha sottolineato l’importanza di mantenere aperti canali di comunicazione tra le due superpotenze mondiali e ha chiesto un rapido cessate il fuoco immediato.
La notizia – giunta poco dopo la missione di Mario Draghi a Washington, durante la quale il premier italiano ha intimato con forza gli Stati Uniti di riaprire al dialogo con Mosca – ha naturalmente una grande rilevanza, visto come si erano messe le relazioni diplomatiche tra i due Paesi e, soprattutto, considerando che si tratta della prima chiamata tra USA e il Cremlino dall’inizio della guerra in Ucraina.
Sempre per restare negli Stati Uniti, sempre ieri il presidente Joe Biden ha avuto un colloquio con i leader di Svezia e Finlandia, dopo l’annuncio dei capi di stato di quest’ultima di essere assolutamente decisi ad entrare a far parte della Nato, l’altro ieri. Biden ha chiaramente espresso la sua approvazione e il suo appoggio affinché ciò possa avvenire nel più breve tempo possibile, e il presidente finlandese ha dichiarato di aver spiegato i prossimi passi del suo Paese verso l’adesione all’Alleanza, ringraziando gli Stati Uniti per il loro necessario supporto.
Alla reazione di Mosca alla notizia, che ha ribadito la “grande minaccia” che un allargamento della Nato comporterebbe per la Russia, si è aggiunta anche la minaccia del presidente turco Erdogan che si è dichiarato assolutamente contrario all’operazione, considerandola una mossa estremamente sbagliata in questo momento. La Turchia ha minacciato di impedire a Finlandia e Svezia di aderire alla Nato, processo che richiede il voto unanime dei membri dell’Alleanza.
Mosca continua inoltre ad esprimersi con toni minacciosi riguardo alla possibilità che la guerra sfoci in un conflitto nucleare, e ha inoltre “avvertito” che il blocco delle forniture di gas in Europa è sempre più imminente, soprattutto se la situazione non prenderà una piega diversa.
Nel frattempo nei territori ucraini colpiti dall’invasione russa lo scenario continua ad essere il mare di desolazione che ormai conosciamo. Specie a Mariupol, dove il problema della mancanza di cibo ha raggiunto livelli gravi e non più trascurabili: secondo la commissaria per i diritti umani del parlamento ucraino sarebbero quasi 170mila i civili rimasti bloccati nella città devastata, costretti a patire la fame per la mancanza di cibo e l’impossibilità di inviare risorse attraverso i corridoi umanitari.
Sul fronte prettamente militare tuttavia la controffensiva ucraina sembra farsi sempre più solida ed efficace. A Kharkiv le truppe ucraine sono riuscite a riconquistare una buona parte dei territori, mentre l’attacco ad un ponte nel Donbass avrebbe causato defezioni per un migliaio di uomini e 50 veicoli tra le fila dei russi.
La notizia che ha fatto più scalpore ieri da questo punto di vista è il colpo sferzato con successo dagli ucraini contro una nave russa – si tratta del terzo colpo andato a buon fine -, a quanto pare una delle più nuove e avanzate dell’esercito di Mosca. Prosegue dunque il combattimento nei pressi della contesa Isola dei Serpenti, punto estremamente strategico per entrambe le parti.
E mentre l’Ue ribadisce di essere decisa a continuare a supportare l’Ucraina con armi e denaro finché ciò sarà necessario, viene rinviata al 18 maggio l’udienza a un sergente russo imputato per crimini di guerra che doveva svolgersi in questi giorni. Si tratta del primo caso di processo dall’inizio di questa guerra.
Pietro Broccanello