Silvio Berlusconi è scomparso questa mattina all’età di 86 al San Raffaele di Milano dove era ricoverato da alcuni giorni. Con lui se ne va la seconda Repubblica, se ne va anche, probabilmente, l’ultimo vero liberale italiano:un uomo che ha saputo realizzarsi e realizzare risultati memorabili in ogni ambito in cui si sia impegnato, un emblema dei self-made man all’italiana, un protagonista della società, della storia, della finanza degli ultimi 60 anni. E questo protagonismo, questa presenza a volte ingombrante, a volte decisiva, non potranno essergli tolti, mai. Non è questo il momento e sicuramente non è questo il luogo per un giudizio su Silvio Berlusconi: oceani d’inchiostro saranno utilizzati per raccontarne la figura, analizzarne le azioni, definirne i contorni, ma in futuro.
“L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica”
Oggi è il momento del cordoglio: Silvio Berlusconi è stato un punto di riferimento per tante persone che grazie al suo esempio hanno trovato la forza e il desiderio di impegnarsi in politica. E’ stato in grado di dare voce a quell’Italia moderata che dopo la fine della Prima Repubblica vagava spersa nell’agone politico, alla ricerca di una casa che ne rappresentasse, da una parte, il pragmatismo di chi fa del lavoro il senso della propria azione pubblica, e dall’altra il desiderio di una società in cui la libertà fosse davvero riconosciuta come la qualità fondamentale e indissolubile dell’individuo.
E non è cosa da poco: la libertà è un bene impalpabile che tende a svanire quando è troppa e a fuggire quando è troppo poca. Essere liberali, essere garantisti è un impegno a tempo pieno e Berlusconi vi si è dedicato infaticabilmente, anche per vicissitudini umane, personali e giudiziarie.
Se la storia ne giudicherà la statura politica e le azioni, per la figura umana, non c’è dubbio, tocca a ciascuno di noi: ci porteremo nel futuro, breve o lungo che sia, un ricordo, un pensiero, un’idea, un momento, da quel “scendo in campo” del 1994 che ha cambiato per sempre la politica, alla scena della pulizia della sedia da Travaglio che ha cambiato il corso di un’elezione.
E questa è l’eredità più grande che ci lascia il Cav: che non bisogna vergognarsi di essere liberali, che fare impresa non è uno stigma, che il centro di ispirazione liberale e cattolica può essere una forza propulsiva per il Paese e può proporre più innovazione, sociale, economica, industriale, dei cosiddetti progressisti.
Per questo, tra le altre cose, gli saremo sempre grati. Per questo, tra le altre cose, Silvio Berlusconi sarà sempre e ancora attuale e vivo nel suo ideale.
Alberto Manzo