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    Allarme rosso dalle imprese: decreto che fa paura

    Per avere i soldi promessi dal decreto in prestito saranno necessari tempi lunghissimi.

    La burocrazia è l’unica cosa che ai tempi del Coronavirus non riusciamo a fermare, nemmeno per decreto.

    Gli imprenditori non hanno dubbi: sarà una corsa contro il tempo. Perché le imprese, specialmente le PMI, hanno un disperato bisogno di liquidità adesso.

    Ma il timore di molti imprenditori è che le procedure richiedano almeno due o tre mesi.

    Soprattutto se il via libera della Ue e il software Sace per la delibera dei finanziamenti non arriveranno in tempi rapidissimi.

    Il Centro Studi Confindustria rileva che se l’epidemia dovesse finire entro fine giugno, il fabbisogno di liquidità nel 2020 sarà di 30 miliardi di euro. Fabbisogno che potrebbe arrivare ad 80 miliardi, se usciremo da questa pandemia a fine anno.

    Il Presidente del Gruppo Epta (sistemi refrigeranti, 921 milioni di fatturato, seimila dipendenti), nonchè presidente di Anima (imprese della meccanica varia), manifesta una forte preoccupazione: «Se bisognerà fare le istruttorie per tutte le richieste – dice – il sistema bancario sarà sommerso. Sarebbe un disastro perché le imprese hanno immediata necessità di liquidità. Invece sento dire che si temporeggia in attesa di istruzioni. Se vogliamo risolvere un’emergenza con schemi antichi, rischiamo la paralisi. Banche, Sace, Mef, Cdp… ci sono troppe teste decisionali».

    Marco Nocivelli è un imprenditore noto per la sua concretezza: «La disponibilità della liquidità è una notizia ottima, ma bisogna erogarla in maniera diretta. Penso alla concessione immediata dei fondi in attesa dell’approvazione dell’istruttoria, allo sconto totale delle fatture o al finanziamento con vincolo di mandato per pagare gli stipendi e i fornitori. Si darebbe liquidità all’intero sistema».

    Infine Nocivelli sottolinea la necessità di un piano per la ripartenza «in totale sicurezza», dice, «perché è dal giorno in cui abbiamo chiuso che lavoriamo per rendere le nostre fabbriche sicure. Ora siamo pronti a ripartire».

    Cristiano Nardi, presidente di Pietro Fiorentini, impresa familiare del settore oil & gas, 320 milioni di fatturato, 1.500 dipendenti e nove stabilimenti di cui tre all’estero dichiara: «Non utilizzeremo il decreto. Preferiamo fare ricorso ai canali ordinari del credito. Questo decreto è complicatissimo, mi ha fatto paura. Troppa burocrazia, serviranno almeno due-tre mesi per avere la liquidità. Le imprese piccole potrebbero andare in difficoltà».

    Renato Ancorotti è presidente e amministratore delegato di Ancorotti Cosmetics, 105 milioni di fatturato e 350 dipendenti, e presidente di Confindustria Cosmetica. «Le imprese solide – dice – non hanno problemi a reperire finanziamenti, anche per via ordinaria. La difficoltà maggiore, e non va sottovalutata da tutto il sistema, è dei piccolissimi, degli artigiani. Senza di loro si blocca tutto».

    Ancorotti conosce bene la filiera della cosmetica che a valle ha 150mila artigiani. «I parrucchieri e i negozi devono accedere ai 25mila euro di finanziamenti senza alcuna procedura. Serve il modello svizzero: un formulario online, una richiesta via mail alla propria banca e l’accredito immediato della somma sul conto corrente. Sono 150mila attività senza reddito per le quali bisogna fare un piano di riapertura. Come per le imprese produttive: mascherine, distanziamento, mense, trasporti. Tutto codificato. Siamo i primi ad avere a cuore la sicurezza dei lavoratori, ma si deve ripartire».

    Andrea Curci

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