Lavoro, aumenta il fenomeno del job hopping
Sempre più lavoratori passano da un’occupazione all’altra. In Italia il fenomeno riguarda ormai un milione di lavoratori, circa il 6% del totale, con picchi maggiori per alcune fasce d’età e a seconda del settore di riferimento.
Lo studio è stato condotto da Ranstad ed incide maggiormente soprattutto per i Millennials – nati tra il 1981 e il 1995 – e i professionisti del digitale ed è notevolmente incrementato negli anni della pandemia.
Ad incidere sui dati vi è senz’altro l’esplosione della domanda di lavoratori a livello globale, che ha permesso ai professionisti disponibili sul mercato di effettuare un gioco al rialzo rispetto al salario e alle condizioni lavorative. Nonostante si tratti di un dato patologico per il mercato del lavoro, non tutto il male vien per nuocere però: le aziende che ne beneficiano sono costrette ad investire maggiormente in tecnologie, facendo lievitare la propria produttività del 20/30 per cento.
Come misurare il dato?
Ranstad ha analizzato i lavoratori dipendenti che hanno cessato il proprio contratto a meno di due anni dalla sua attivazione in maniera volontaria. Nel 2021 i job hoppers sono stati più di 900mila, in diminuzione rispetto al 2011, quando erano più di un milione, mentre nel 2015 erano circa 850mila.
“Questa maggiore dinamicità può essere dovuta a caratteristiche fisiologiche: in età più matura la stabilità rappresenta un valore più ricercato, mentre in età più giovani si è alla ricerca del proprio percorso di carriera”, hanno spiegato i ricercatori.
Fasce d’età e genere d’appartenenza
Ciò che è emerso è che fino al 2019 i lavoratori con diploma o titolo superiore tendevano a cambiare settore in misura maggiore rispetto ai lavoratori in possesso di licenza elementare. Con il Covid questa tendenza è proseguita con riguardo a chi possiede un diploma, mentre sembra essersi attenuata per i lavoratori in possesso di laurea o titolo di studio superiore.
I dati evidenziano poi che sono le donne a rimanere maggiormente nello stesso settore rispetto agli uomini: nel 2021, su 10 donne che hanno cambiato lavoro, circa 5,8 sono rimaste nello stesso settore, mentre su 10 uomini che hanno cambiato lavoro sono invece circa 4,8 quelli che sono rimasti nello stesso settore.
I dati a livello europeo
Nella classifica stilata dalla European social survey, l’indagine che mette a confronto 30 Paesi europei, sia Ue che extra Ue, per quanto riguarda la soddisfazione lavorativa, è emerso che gli occupati italiani figurano agli ultimi posti rispetto ai colleghi degli altri Paesi, quanto a soddisfazione lavorativa.
Solo 47 occupati su 100 dichiarano elevati livelli di soddisfazione, 7 punti percentuali sotto la media europea e distanti anni luce dalle percentuali del 71% e oltre di Paesi come Finlandia, Islanda, Olanda, Norvegia, Belgio. Di fatto, meno contenti di noi sono solo Grecia, Serbia, Polonia, Repubblica Ceca e Spagna.
Andrea Valsecchi