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    Disegnare nuovi orizzonti. Intervista all’architetto Silvio De Ponte

    Questo periodo può essere un’occasione per ripensare a fondo le modalità di business e cominciare ad aprire la strada per il futuro. La riflessione di Silvio de Ponte.

    L’imprenditore è colui che per indole è capace di vedere oltre il contingente e intravedere nuovi sentieri e nuove opportunità. L’Informatore ha raccolto la testimonianza dell’architetto Silvio De Ponte che propone una riflessione su ciò che ci aspetta.

    Architetto De Ponte, la situazione in cui ci troviamo attualmente è inedita. Cosa si aspetta un professionista come lei per l’avvenire?

    È vero, siamo tutti chiusi in casa e anche un po’ centrati su questa condizione. Tuttavia, personalmente in questo periodo sto cercando di riflettere sui tempi futuri chiedendomi che tipo di insegnamento si può trarre da ciò che ci sta accadendo.

    Intende da un punto di vista pratico-economico o culturale?

    Entrambi. Sul fronte culturale mi interroga molto questo tentativo della natura di riappropriarsi di alcuni spazi. Non ne faccio una questione ideologica ma mi pongo in qualità di osservatore sincero: è bene rispettare la terra su cui viviamo e il ritorno degli animali e il crescere della natura in alcune zone deve interrogarci sul tipo di uso che abbiamo fatto degli spazi.

    E da un punto di vista lavorativo?

    Sono consapevole che questa pandemia è una tragedia: tantissime persone stanno morendo. Eppure non possiamo rimanere immobili, al contrario, dobbiamo cavarne qualcosa di buono, scoprire nuove opportunità. Confrontandomi con i colleghi a livello internazionale, mi sto occupando di progettare degli oggetti, per ora a livello di concept, che ci permettano di svolgere delle attività nonostante la necessità di rispettare la norma del distanziamento sociale.

    Che tipo di oggetti?

    Oggetti a guida autonoma o manuale che permettano si fornire un servizio in esterno. Mi spiego. Non sarà possibile prender un caffè al bancone come prima, per esempio. Noi stiamo collaborando con l’ospedale San Raffaele, dove c’è un dipartimento di sviluppo sulla bionica, sul riconoscimento biometrico. L’idea è di realizzare della macchine che vengano incontro al cliente e che distribuiscano un prodotto, evitando l’affollamento di uno spazio. L’idea è che il distanziamento sociale avrà pesanti influenze sulla mobilità, in ogni suo aspetto.

    Bisogna ripensare quindi a come svolgere attività quotidiane?

    Esatto. Penso alla casa: ora che siamo costretti ad una cattività h24, molti si sono accorti dell’importanza di pensare in maniera efficiente gli spazi e la gestione degli oggetti di una casa. E qui il design ha una grossa responsabilità: è necessario avere dei prodotti che aiutino in ciò che dobbiamo fare, un design che integri la tecnologia ma che sia anzitutto a misura d’uomo, che faccia stare bene.

    Io mi occupo anche di luce. Ora molti di noi sono in smart working e si stanno rendendo conto di quanto sia fondamentale avere una luce ottimale anche in casa. Perché la luce influisce sulla psicologia delle persone, soprattutto quando non si riesce ad accedere a quella naturale.

    In conclusione quindi, vede con speranza il futuro?

    Non è semplice usare questa parola, ma un professionista, un imprenditore, ha bisogno di prospettive. Una cosa che non può fornire il governo. Toccherà a noi rialzare la testa e ingegnarci. Questa situazione può essere un’opportunità per riflettere e disegnare nuovi orizzonti, trovare nuove modalità di fare business, recuperando un criterio che secondo me abbiamo un po’ perso, cioè che ogni cosa deve essere fatta per il benessere dell’uomo. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno e non riguarda il futuro, ma il presente.

    Simone Fausti

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