Guerre, Sergio Mattarella e la lezione delle due Coree
Questa settimana il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato in Corea del Sud per una visita di Stato e ne ha approfittato per lanciare un messaggio, o meglio, per illustrare quale importante lezione fornisce la vicenda delle due Coree. Il 27 luglio 1953, infatti, Corea del Sud e Corea del Nord misero fine a una guerra che durava da tre anni ma non hanno mai trovato un accordo di pace: tra i due Stati, infatti, vige solo un’armistizio. Seuol e Pyongyang hanno stabilito una zona di sicurezza reciproca chiamata Joint Security Area e proprio da questo luogo, dove gli eserciti delle due Coree si guardano in faccia, Mattarella ha dichiarato: “Qui si comprende come una guerra che non si è mai conclusa con il conseguimento della pace comporta il rischio costante di nuove violenze e quanto qui viene fatto ha il respiro della storia. È particolarmente importante per evitare esplosioni di violenza ulteriori”.
Il capo dello Stato, accompagnato nel suo viaggio dalla figlia Laura e dal vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, ha visitato la zona demilitarizzata accompagnato dal tenente generale Andrew Harrison, vice comdandante della base Onu della JSA. Il cicerone militare ha spiegato come questa zona viva una condizione di calma surreale perché “dietro la apparente tranquillità e pace si nasconde un effettivo rischio di guerra. La storia ci dà avvertimenti minacciosi”. Mattarella ha poi incontrato il presidente della Repubblica di Corea, Yoon Suk Yeol, con il quale ha parlato anche della guerra in Ucraina. “Il rispetto delle regole di cui la comunità internazionale si è dotata dopo la guerra è costume che ci accomuna, e nutre la solidarietà nei confronti di Paesi verso i quali si esercita la violenza, come il caso che ci trova oggi uniti nel convinto sostegno alla resistenza dell’Ucraina contro la spietata guerra di aggressione della Federazione Russa” ha dichiarato Mattarella durante una cena istituzionale offerta da Yoon Suk Yeol.
Nei suoi discorsi, Sergio Mattarella ha più volte dimostrato che gli appelli alla solidarietà e alla pace possono coesistere con una valutazione razionale (e sincera) delle singole situazioni di tensione e conflitto. In Ucraina questo significa distinguere tra aggressore e aggredito, nel caso di Israele invece ciò vuol dire riconoscere la necessità di Tel Aviv di difendersi rispettando il diritto internazionale. Ma il caso delle due Coree, i cui rapporti sono sospesi nella forma dell’armistizio da 70 anni, insegna l’importanza nella definizione degli obiettivi ultimi che necessariamente devono essere politici: l’eradicazione di Hamas comporta necessariamente la rioccupazione dell’intera Striscia di Gaza per molti anni? Qual è il destino riservato ai civili palestinesi? Avranno un loro Stato e verranno poste le condizioni per una convivenza pacifica tra palestinesi e israeliani?Oppure una volta realizzato il tabula rasa di Hamas, a Gaza regnerà solo polvere e risentimento in uno stato di perenne sospensione di qualsiasi forma istituzionale autonoma? Interrogativi che al momento rimangono sospesi: per ora parlano bombe e fucili.