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    Case green dal 2030: la direttiva europea tra luci e ombre

    Case green dal 2030: la direttiva europea tra luci e ombre
    Il Parlamento europeo ha approvato una direttiva che impone di eliminare le emissioni degli edifici pubblici e privati entro il 2030. Non sono mancati accesi dibattiti accesi e critiche, anche da parte dell’Italia, nonostante un lieve allentamento dei tempi di attuazione, e ora i governi avranno un bel da fare per rispettare i tempi di Bruxelles per quanto riguarda l’efficientamento energetico.
    La direttiva prevede che tutte le nuove costruzioni siano a emissioni zero dal 2030 (dal 2028 per gli edifici pubblici), mentre le ristrutturazioni dovranno rispettare requisiti molto stringenti in termini di efficienza, raggiungibili entro il 2035. Gli edifici pubblici con le peggiori prestazioni energetiche del 2020 dovranno essere ristrutturati entro il 2030 (16% del totale) e il 26% entro il 2033, mentre per le case private gli obiettivi di riduzione del consumo energetico sono fissati al 16% entro il 2030 e al 20-22% entro il 2035. Gli interventi principali includono l’isolamento termico, la sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione e l’installazione di pannelli solari. Saranno inoltre implementate strategie, politiche e misure nazionali per dotare gli edifici residenziali di impianti solari.
    I 27 paesi dell’Ue avranno invece tempo fino al 2040 per sostituire le caldaie a combustibili fossili e tutti i sussidi per tali caldaie saranno aboliti entro il 2025, mentre sono previsti nuovi incentivi per incoraggiare l’utilizzo di sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili. Ogni governo nazionale potrà decidere eventuali esenzioni per edifici storici, agricoli, chiese, luoghi di culto, edifici a uso militare e quelli utilizzati solo temporaneamente, visto che questi edifici presentano vincoli storici e artistici che rendono impossibile ogni tipo di intervento.
    Come sempre avviene in questi casi, i governi nazionali dovranno recepire la direttiva Ue emettendo norme nazionali entro due anni dall’entrata in vigore, e dovranno aggiornare periodicamenteBruxelles sull’avanzamento e sugli obiettivi raggiunti in termini di efficienza energetica. Dal punto di vista economico, si stima che il piano di investimenti per il rinnovo del parco immobiliare esistente ammonti a circa 275 miliardi di euro all’anno entro il 2030, con un incremento di oltre 150 miliardi rispetto alle risorse attualmente a disposizione. Sebbene non siano previsti finanziamenti dedicati, ogni Paese potrà accedere ai fondi Ue, come il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale, per sostenere la transizione.
    In Italia si stima che tra 5,5 e 7,6 milioni di edifici pubblici debbano essere ristrutturati, considerando quelli con le peggiori prestazioni energetiche (classi F e G). Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto ha sottolineato che la direttiva rappresenta una difficile sfida per il Paese a causa degli edifici datati e della proprietà diffusa, e ha invitato a stabilire una scala di priorità per gli interventi. La direttiva non impone obblighi diretti ai proprietari e secondo Pichetto questo aspetto dovrà essere ribadito nel testo di legge italiano.
    Secondo il Codacons i costi medi per interventi di riqualificazione energetica potrebbero variare tra 35.000 e 60.000 euro per abitazione, con la sostituzione della caldaia che potrebbe costare fino a 16.000 euro. Se da un lato il rispetto dell’ambiente è una priorità, dall’altro si deve considerare la sostenibilità dei lavori necessari per raggiungere gli standard energetici, e soprattutto le strette tempistiche rispetto alle quali Bruxelles non sembra intenzionata a ritrattare.
    Pietro Broccanello

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