Israele, il ministro degli Esteri Katz: con il voto Onu, Hamas incoraggiato a respingere un cessate il fuoco
Israele appare sempre più isolato nel suo sforzo di eradicare Hamas dalla Striscia di Gaza. Questa settimana il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato per la prima volta una risoluzione che chiede un immediato cessate il fuoco a Gaza. Dopo mesi di veti incrociati tra Usa, Russia e Cina, questo risultato è stato possibile grazie a 14 voti favorevoli e soprattutto all’astensione degli Stati Uniti (che in qualità di membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, hanno il diritto di veto). Una mossa che ha fatto infuriare Tel Aviv.
La risoluzione approvata prevede un cessate il fuoco per tutto il periodo del Ramadan, che terminerà il 9 aprile, ma anche la liberazione di tutti gli ostaggi in mano ad Hamas e invita gli israeliani a rendere più agevole l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. Secondo il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, questa risoluzione ha incoraggiato Hamas a respingere l’ultima proposta di cessate il fuoco: “Il messaggio consegnato ad Hamas [con la risoluzione Onu] è che non bisogna avere fretta”, ha spiegato il diplomatico alla radio dell’esercito israeliano. Per Jatz, la pressione internazionale ora è su Tel Aviv e non sul gruppo terroristico palestinese.
Gli Stati Uniti finora avevano garantito appoggio costante a Israele bloccando diversi tentativi di far passare in sede Onu un cessate il fuoco, ma la decisione di questa settimana “costituisce un chiaro allontanamento dalla posizione coerente” di Washington, si legge in una dichiarazione rilasciata dall’ufficio di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano ha annullato la visita di una delegazione a Washington per discutere con gli americani di una possibile offensiva a Rafah. Su quest’ultimo punto, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, incontrando il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha ribadito “l’opposizione ad un’importante operazione di terra a Rafah che metterebbe ulteriormente a repentaglio il benessere degli oltre 1,4 milioni di civili palestinesi che vi si rifugiano”.