Varato ieri mattina il nuovo ponte sul Polcevera a firma Renzo Piano: 1067 metri di lunghezza e 17500 tonnellate d’acciaio. Alla cerimonia il premier Conte e il ministro per le infrastrutture De Micheli.
Ci sono voluti 620 giorni ma alla fine Genova è tornata unita da un ponte. Con la posa dell’ultima trave che completa la diciannovesima campata d’acciaio del viadotto sul Polcevera, il levante e il ponente della valle tornano a riunirsi dopo il tragico crollo del ponte Morandi alla vigilia del ferragosto 2018 nel quale persero la vita 43 persone.
Le sirene del cantiere e la bandiera di San Giorgio hanno salutato nella mattinata di ieri il varo del nuovo ponte progettato dall’archistar Renzo Piano, lungo 1067 metri e realizzato impiegando 17500 tonnellate d’acciaio che compongono la struttura costituita da 19 campate a 40 metri d’altezza, sostenute da 18 piloni. Un traguardo che oggi più che mai assume una valenza simbolica, come sottolineato dal governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, che ha parlato di “simbolo dell’Italia che ce la fa a ripartire, la dimostrazione che insieme possiamo fare tante cose”. Il premier Conte, intervenuto alla cerimonia insieme al ministro delle infrastrutture Paola De Micheli, ha posto l’accento sul fatto che “lo Stato non ha mai abbandonato Genova”, riporta l’Ansa, ed ha aggiunto: “La portata concreta di questa giornata è nel fatto che c’è un progetto reale che sta giungendo a completamento. Qualcuno ha parlato di miracolo: credo sia possibile parlare di miracolo, senza enfasi, perché c’è il lavoro di tanti qui, dell’autorità pubblica, dei progettisti e in particolare di Renzo Piano, degli operai e dei tecnici. Siamo nei tempi e tra poco torneremo per l’inaugurazione”.
Nonostante le numerose difficoltà incontrate dopo la demolizione dei resti del Morandi, il nuovo ponte è stato realizzato in tempi record e in sicurezza, come ha commentato l’ad di Salini Impregilo, Pietro Salini – insieme a Fincantieri Infrastructure nel consorzio responsabile del cantiere per la ricostruzione – a dimostrazione che “in Italia le infrastrutture di qualità si possono fare in sicurezza, coinvolgendo le giuste aziende con le competenze adeguate e la volontà del sistema di realizzare l’opera in tempi rapidi”, indicando nel nuovo viadotto “un modello per un piano infrastrutturale che in Italia deve partire immediatamente creando occupazione”. Il cantiere ha lavorato incessantemente, sette giorni su sette, impiegando circa un migliaio di lavoratori. Mai uno stop, nemmeno durante l’emergenza coronavirus, piuttosto qualche rallentamento, ma la giusta strategia aziendale ha permesso che venissero adottate tutte le misure necessarie per far proseguire il lavoro in sicurezza secondo il cronoprogramma.
Dopo questo primo varo “strutturale”, bisognerà attendere l’estate, presumibilmente il mese di luglio, per quello definitivo che aprirà alla viabilità. Nel frattempo verranno ultimati i lavori per rendere percorribile il nuovo viadotto, posizionando innanzitutto l’implacato sugli appoggi definitivi, dopodiché sarà la volta del getto della soletta sopra la quale verrà steso l’asfalto ed infine verranno ultimate le opere complementari, tra cui gli impianti fotovoltaici e illuminanti. Ancora tre mesi, giusto il tempo per decidere come chiamare il nuovo ponte sul Polcevera.
Micol Mulè