Il Rapporto Almalaurea 2023 fornisce un quadro dettagliato sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati italiani. Secondo i dati raccolti, un neolaureato magistrale in Italia guadagna in media poco meno di 1.400 euro netti al mese a un anno dalla laurea. Questo stipendio risulta significativamente inferiore rispetto a quello dei colleghi all’estero, i quali possono arrivare a guadagnare fino al 50% in più, circa 2.170 euro. Nonostante ci sia stato un leggero aumento nominale degli stipendi negli ultimi anni, questi non hanno tenuto il passo con l’inflazione, portando a una diminuzione del potere d’acquisto.
Di fronte a stipendi non competitivi, i neolaureati italiani mostrano una maggiore selettività nel mercato del lavoro. Il rapporto evidenzia che quasi il 60% dei laureati triennali e il 66% dei laureati magistrali rifiuta offerte di lavoro con stipendi di 1.250 euro al mese, considerati insufficienti. Nel 2023, la percentuale di neolaureati disposti ad accettare una retribuzione massima di 1.250 euro è scesa rispettivamente al 38,1% per i laureati di primo livello e al 32,9% per quelli di secondo livello, segnando un calo rispetto all’anno precedente. Questo cambiamento ha portato a una diminuzione del tasso di occupazione a un anno dalla laurea, il primo calo dal 2014, escludendo il periodo della pandemia. Parallelamente, i contratti a tempo indeterminato sono aumentati, con notevoli differenze salariali tra i vari settori lavorativi. Per esempio, i laureati in informatica guadagnano circa 2.146 euro al mese dopo cinque anni, mentre gli insegnanti percepiscono 1.412 euro. A un anno dalla laurea, la retribuzione mensile netta è in media di 1.384 euro per i laureati di primo livello e di 1.432 euro per quelli di secondo livello; a cinque anni, queste cifre salgono rispettivamente a 1.706 e 1.768 euro.
Il rapporto ha anche sottolineato la persistenza di una significativa trasmissione generazionale dell’istruzione superiore. Circa un terzo dei laureati proviene da famiglie in cui almeno un genitore è laureato, una quota che supera il 20% della popolazione adulta italiana con un titolo universitario. Questo fenomeno è particolarmente pronunciato nei corsi di laurea in Medicina e Legge, dove circa il 40% degli studenti sono figli di professionisti del settore. Inoltre, la pandemia ha incrementato il numero dei fuoricorso per la prima volta in dodici anni, nonostante le proroghe concesse. Tuttavia, due studenti su tre riescono a laurearsi nei tempi previsti, con un’età media di 24,5 anni per le lauree triennali e di 27,1 anni per le lauree magistrali e a ciclo unico. Il tipo di laurea conseguito influisce significativamente sulle opportunità occupazionali: i laureati in informatica, tecnologie ICT, medicosanitario, farmaceutico, ingegneria industriale e dell’informazione, architettura, ingegneria civile, scienze, educazione e formazione, agraria-forestale e veterinaria, nonché economia, risultano i più favoriti. Al contrario, i laureati in psicologia, giurisprudenza, lettere, discipline umanistiche, arte e design affrontano maggiori difficoltà nel trovare lavoro.