Modalità di rientro e concorsi per i docenti definiscono le priorità delle forze politiche sulla scuola, nel mezzo le urgenze – inascoltate – di studenti e famiglie.
A settembre si deve tornare a scuola, è un diritto degli studenti. La conferma arriva dalle parole del Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina che sceglie la diretta tv di Skytg24 per delineare i tratti essenziali del piano di rientro, con annesso seguito di polemiche. Numerose sono le opzioni al vaglio degli uffici di viale Trastevere per far ripartire il nuovo anno scolastico, che ora come ora difficilmente potrà svolgersi secondo le consuete modalità.
Per la fase 2 della scuola si sta facendo largo l’ipotesi più realistica di una convivenza con il virus che sta determinando una rivisitazione delle modalità di insegnamento e di presenza all’interno delle strutture scolastiche. Al momento la più gettonata sarebbe quella di dividere le classi a metà, consentendo ad una parte di studenti di andare a scuola per metà settimana e all’altra metà di seguire le lezioni da casa – attraverso il sistema della didattica a distanza – salvo poi alternarsi per la restante parte di settimana. Secondo il Ministro la soluzione più ragionevole per salvaguardare lo svolgimento delle lezioni e contemporaneamente la socialità degli studenti. Grandi assenti in questo disegno – come del resto nei precedenti – restano però le famiglie e gli stessi studenti con le loro esigenze. Come gestire il rientro a settembre secondo quanto prevede il piano elaborato dal Ministero non è dato sapere.
Dure le reazioni di una parte del mondo politico davanti alla scelta arbitraria del Ministro: “Un’approssimazione inaccettabile”, ha dichiarato la capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, sottolineando da un lato il problema di metodo nell’annuncio fatto in televisione piuttosto che in aula parlamentare, e dall’altro la distanza siderale del progetto dai bisogni reali di ragazzi e famiglie. “Il diritto all’istruzione non può abdicare al virus – ha ribadito – i genitori non vanno abbandonati dallo Stato. Chi dovrebbe accudire i figli nei tre giorni a settimana nei quali non potrebbero andare a scuola?”. Della stessa linea Valentina Aprea, responsabile del Dipartimento Istruzione di FI, secondo cui andrebbe sfruttato il fattore tempo per dare corso agli interventi di edilizia scolastica necessari e indicare le nuove modalità didattiche per non dividere gli alunni “penalizzando loro e le famiglie che saranno costrette a compiere salti mortali pur di garantire ai figli il diritto all’apprendimento”. Risposte e prospettive certe alle famiglie, è la richiesta avanzata anche da Italia Viva, che ha parlato di “schiaffo al Parlamento, agli alunni e alle famiglie”.
Ma non è solo il nodo del rientro a tenere banco nell’agone politico. Se da un lato c’è chi si batte per avere certezze su criteri e modalità di rientro che salvaguardino famiglie e studenti, dall’altro la maggioranza si spacca sull’annosa questione del precariato dopo la dichiarazione di Azzolina – nella medesima diretta tv – secondo cui chi dice “che si possono fare concorsi per titoli mente spudoratamente”. L’oggetto del contendere è la possibilità di modificare la procedura concorsuale per assumere i precari a settembre, non praticabile secondo il Ministro che ha aggiunto: “Si tratta di concorsi attesi da anni, se cambiassimo le norme a settembre non assumeremmo nessuno perché i tempi non ce lo permettono”.
Dichiarazioni irricevibili per Matteo Orfini parlamentare del PD, che su Fb ha scritto: “Pd, Leu e il Gruppo della Autonomie hanno secondo lei evidentemente la gravissima responsabilità di voler lavorare alla stabilizzazione dei precari attraverso una procedura concorsuale differente da un test per crocette fatto in piena pandemia. Sono dichiarazioni gravi e irrispettose della vita di tanti precari, delle forze della maggioranza e dell’autonomia del Parlamento”. Promette battaglia Nicola Fratoianni di Leu: “Un concorso per titoli e servizio di può fare subito – ha detto – così come è necessario un piano pluriennale di assunzioni. Se ne faccia una ragione la ministra, rispetti il Parlamento, noi da parte nostra continuiamo e continueremo a batterci”. Questioni di priorità.
Micol Mulè