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    Italia, rischio di povertà in calo

    Secondo i dati Eurostat riportati nel report Ue “Key figures on Europe” cala il rischio di povertà, anche se l’Italia rimane al di sopra della media europea (16,2%). Nel 2023 la percentuale di popolazione con un reddito disponibile equivalente inferiore alla soglia di rischio di povertà è del 18,9%, con un calo di 1,2 punti rispetto al 2022 e le persone a rischio povertà sono 11,12 milioni, 676mila in meno del 2022.

    Nel complesso, considerando anche la deprivazione materiale o la bassa intensità di lavoro oltre che alla povertà monetaria, in Italia la percentuale di persone che si trova in questa situazione di difficoltà è pari al 22,8%, superiore comunque alla media europea del 21,4%, seppur in calo di due punti rispetto al 2022. Nel complesso, nel nostro paese sono 13 milioni 392mila le persone che si trovano in questa situazione di rischio; 900mila in meno rispetto al 2022.

    Per i minori il rischio di povertà e di esclusione sociale è più alto; in Italia nel 2023 è il 27,1% dei minori ad essere in questa situazione, mentre nel 2022 il dato si attestava al 28,5%. Seppur in diminuzione rispetto all’anno precedente, la percentuale italiana è comunque sopra la media Ue (24,8%).

    L’impossibilità di fare un pasto adeguato con carne o pesce o un equivalente vegetariano per due giorni rientrano tra i fattori di deprivazione materiale così come il non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione, non poter sostenere una spesa imprevista, non potersi permettere un automobile o un telefono. In Ue è il 9,5% a non poter permettersi un pasto adeguato; in Italia la percentuale scende all’8,4%. Mentre la percentuale sale al 19,2% in quelle persone che hanno un reddito inferiore al reddito mediano del 60%.

    Tuttavia, emerge anche la crescita dell’occupazione, in Italia è aumentata dell’1,5% rispetto al 2022 per le persone tra i 20 e i 64 anni. Nonostante il miglioramento, l’Italia resta ultimo per tasso di occupazione, con il 66,3% di occupati a fronte del 75,3% medio nell’Ue. In Italia, però, si registra solo il 4,3% di divario nella retribuzione oraria tra uomini e donne, il cosiddetto “gender pay gap”, a fronte di un 12,7% medio in Ue.

     

    Emma Delfrate

     

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