Il Consiglio Nazionale dei Giovani ha presentato qualche giorno fa i risultati della ricerca “LOST IN TRANSITION: Motivazioni, significati ed esperienza dei giovani in condizione di NEET: un confronto tra aree metropolitane e aree interne”.
La ricerca è incentrata sui giovani, tra i 18 e i 19 anni, definiti NEET e fornisce una fotografia, nonché un’analisi, delle loro esperienze e delle sfide che devono affrontare che variano a seconda dei contesti in cui vivono.
Secondo le ultime rilevazioni Istat, in Italia i NEET sono 2,1 milioni di giovani, pari al 16,1% a fronte di una media europea che nel 2023 si attestava all’11,2%.
La ricerca mette in luce le differenze riscontrabili tra i NEET che vivono in città e quelli che vivono in aree rurali in termini di accesso all’istruzione, autonomia economica, attivazione sociale e politica, e interazioni sociali. I giovani che vivono lontano dalle città sperimentano spesso situazioni di disagio e rassegnazione dovute alla mancanza di opportunità.
Solo il 9,6% dei NEET nelle aree rurali possiede una laurea o un diploma accademico, mentre la percentuale si alza a 65,3% nelle aree urbane. Inoltre, il 50% dei NEET che vivono in città dichiara di essere economicamente indipendente dalla famiglia e molti di loro sono più attivi nell’economia informale e nelle reti sociali, politiche e sportive, mentre i giovani che vivono lontano dalle grandi metropoli tendono a dipendere maggiormente dal supporto della famiglia e solo il 34% di loro svolge attività sportive (a fronte del 59,3% nelle aree urbane).
È emerso anche che per il 33% dei NEET la condizione in cui si trovano è una scelta di un periodo “sabbatico” o per sfiducia nel trovare un percorso formativo (21,4%), attribuendo la responsabilità della loro condizione alle offerte di lavoro (45% soprattutto nelle aree urbane) e a se stessi (30,4% nelle aree interne).
Sul fronte lavoro, il 74,8% dei NEET dichiara di aver svolto “lavoretti in nero” nell’ultimo mese: nelle aree metropolitane è l’88,9% dei NEET ad essere coinvolto in attività informali, mentre nelle aree interne solo il 53,6%.
La situazione è estremamente variegata ed eterogenea, tanto da mettere in discussione la concezione generale che l’opinione pubblica ha nei confronti dei NEET. Le differenze si riflettono anche nelle motivazioni e nell’approccio al lavoro: chi decide di “mettersi in gioco”, percentuale più alta nelle aree urbane, è disposto a sacrificare i propri diritti pur di trovare un’occupazione, mentre chi risiede in aree interne manifesta fatalismo e dipendenza da fattori esterni.
“È cruciale che le politiche pubbliche riconoscano queste differenze e adottino approcci personalizzati per supportare efficacemente i NEET e accompagnarli verso una formazione e un’occupazione di qualità. A differenza dei NEET delle aree metropolitane, quelli delle aree interne subiscono maggiormente l’assenza di opportunità vivendo la loro condizione con maggiore rassegnazione. Questo ci obbliga a ragionare sulla necessità di interventi mirati per fornire opportunità concrete e costruire reti di supporto adeguate per ciascuno. È necessario lavorare per promuovere politiche che riconoscano e valorizzino l’iniziativa dei giovani, offrendo loro gli strumenti e le risorse necessari per costruire un futuro più stabile e all’altezza delle loro aspirazioni” commenta Maria Cristina Pisani, presidente Consiglio Nazionale Giovani.
Emma Delfrate