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    Home Economia Parrucchieri ed estetica: così non va. Una petizione per cambiare e riaprire.

    Parrucchieri ed estetica: così non va. Una petizione per cambiare e riaprire.

    Il settore dei parrucchieri e dell’estetica rischia di non riaprire prima di giugno. Ma il problema non è solo quando, ma anche le condizioni lavorative imposte, che al momento non sono sostenibili.

    Per alcuni settori la fase due non è ancora iniziata e probabilmente non comincerà neanche il 18 maggio. Tra i vari ambiti esclusi dalla riapertura così come stabilita dal dpcm di fine aprile c’è quello dei parrucchieri e del mondo dell’estetica che rischia di risollevare le serrande solo a giugno. Un comparto che dà lavoro a circa 350 mila persone, in maggioranza donne e under 35 e che con un fatturato complessivo attorno agli 11 miliardi di euro. L’Informatore ha intervistato Nicola Orto, imprenditore bresciano e responsabile dell’ Ok School Academy, per capire a cosa sta andando in contro questo settore.

    Cos’è Ok School Academy?

    Ok School Academy è un’accademia professionale situata a Brescia e accreditata presso la Regione che si occupa di formare i professionisti dell’area benessere e di fornire una formazione anche alle aziende, grazie alla simbiosi con il sistema produttivo di riferimento. La scuola infatti conta circa 600 studenti più di 500 imprese convenzionate presso le quali i ragazzi sostengono i tirocini. L’ente è impegnato anche nel favorire il matching tra domanda e offerta di lavoro con una serie di sportelli attivi in diverse regioni italiane.

    Cosa pensa del fatto che la vostra categoria, con ogni probabilità, non potrà riaprire prima di giugno?

    Una notizia negativa su due fronti. Il primo è, ovviamente, quello economico. Siamo chiusi dall’11 marzo ma l’affitto bisogna pagarlo lo stesso e il 60% del recupero del credito d’imposta non è sufficiente e tantomeno i 600 euro. Ma poi c’è il danno di immagine, che è ancora più grande.

    In che senso c’è un danno di immagine?

    Sta passando il messaggio che dagli estetisti e dai parrucchieri c’è un fortissimo rischio di contagio. Ovviamente il nostro è un lavoro che richiede il contatto col cliente ma noi non vogliamo fregare il sistema. Anzi, siamo disposti ad attuare tutti gli accorgimenti sanitari necessari, anche rigidi. Sanificazione dei locali, mascherine, guanti, visiera, anche l’installazione di pannelli di plexiglass se necessario.

    Avete lanciato una petizione, come categoria, rivolta al governo e al presidente della Repubblica?

    Esatto. La nostra rete conta centinaia di imprese, perlopiù piccoli artigiani, che rischiano di chiudere se vengono attuate le idee che attualmente sono in circolazione. Come si può andare avanti se sarà ammesso un solo cliente per 40 metri di locale? Vuol dire che la maggior parte delle attività potrà accettare solo un cliente alla volta. Non mi sembra giusto, visto che allo stesso tempo permettono l’accesso ai bus a molte più persone, nonostante lo spazio ristretto.

    Cosa chiedete quindi in questa petizione?

    In sintesi chiediamo l’apertura anticipata per il settore parrucchieri ed estetica al 18 maggio e l’adozione di un protocollo operativo condiviso su cui abbiamo lavorato al fine di regolamentare l’attività per tutelare i clienti, gli operatori e la salute pubblica. Proponiamo anche l’obbligo di frequenza di un corso di formazione specifica su rischi connessi alla diffusione del covid-19 e sulle modalità operative da adottare. Un corso di 4 ore, gratuito, in cui verrà rilasciato un certificato di competenza. E infine chiediamo l’adozione di un provvedimento che vieti l’attività domiciliare che comporta un rischio potenziale elevato per la categoria.

    In che senso l’attività a domicilio è un rischio?

    Un problema che è emerso nell’ultimo periodo è quello del lavoro sommerso. Parrucchieri ed estetisti sono chiusi da due mesi. C’è stato un incremento dei prodotti per capelli fai da te del 250%, eppure molte persone preferiscono accogliere in casa un professionista e farsi fare un trattamento a domicilio. C’è il rischio che questa dinamica diventi un’abitudine sociale e che quindi, quando si tornerà alla normalità, la professione verrà penalizzata nel complesso. Oltre a perdere soldi perdiamo la dignità del nostro lavoro.

    Ritiene dunque molto probabile che, secondo le ipotesi attuali, molti imprenditori del settore dovranno chiudere?

    No, lo ritengo una certezza. Ci sono imprenditori che hanno dai 70 ai 1500 saloni di bellezza in Italia. Danno lavoro a migliaia di persone: in media ci sono 3 dipendenti per negozio, ma un locale da 70 metri quadrati arriva tranquillamente a 5/6 impiegati. Nei centri commerciali poi l’affitto si aggira facilmente sui 4000/5000 euro al mese. Basta fare due conti: un cliente alla volta e il sistema non potrà mai reggere. Quindi cosa facciamo? Ho sentito proposte che parlavano di due fasce orarie, che vorrebbe dire 14 ore di lavoro al giorno. Insostenibile. Quindi cosa succederà? Licenziamenti: saranno inevitabili, se non si cambia la rotta. Per questo abbiamo deciso di far sentire la nostra voce, agendo concretamente.

    Simone Fausti

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