L’allarme per un allargamento del conflitto in Medio Oriente non è mai stato così alto come negli ultimi giorni. Dopo aver fatto esplodere migliaia di cercapersone in mano ai combattenti di Hezbollah, a cui sono seguite le esplosioni dei walkie-talkie usati dai membri della milizia-partito filo-iraniana, Israele ha bombardato un palazzo a Beirut per la prima volta dal 7 ottobre 2023, uccidendo Ibrahim Aqil, importante capo militare di Hezbollah. Ora tutti si chiedono se questi non siano i preparativi per una più ampia offensiva di terra in Libano da parte delle forze di Tel Aviv.
Ieri mattina le forze di difesa israeliane hanno comunicato che una decina di caccia istraeliani hanno attaccato oltre 300 obiettivi di Hezbollah in Libano. I primi report parlano di oltre 100 morti. Nel frattempo, secondo il Guardian, il portavoce militare israliano Daniel Hagari, interpellato su una possibile invasione di terra, ha dichiarato che Tel Aviv “farà tutto il necessario” per riportare i cittadini israeliani evacuati dal nord del Paese, lasciando così intendere, seppur in maniera ambigua, che ogni opzione rimane sul tavolo. L’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha dichiarato che dal 7 ottobre Hezbollah ha lanciato oltre 8.000 razzi contro Israele, sottolineando che “non staremo a guardare mentre la nostra gente viene attaccata”.
Uno degli ultimi segnali che indicano una possibile invasione di terra è il lancio da parte di Israele di messaggi rivolti agli abitanti del sud del Libano in cui questi vengono invitati a “stare lontani fino a nuovo avviso dai villaggi in cui si trovano edifici in cui sono immagazzinate armi di Hezbollah”, secondo quanto riportato dal sito libanese L’Orient Le Jour e ripreso da alcune agenzie stampa internazionali. Un messaggio simile è arrivato anche al ministero dell’Informazione di Beirut, bollato da quest’ultimo come “guerra psicologica” da parte di Tel Aviv. Nel frattempo, il governo cinese ha ordinato ai suoi cittadini di abbandonare Israele “il prima possibile”, definendo la situazione al confine con il Libano “seria, complessa e violenta”.