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    Regolarizzazione migranti: lo scontro dentro il governo ritarda il decreto da 55 miliardi

    Il conflitto tra Italia Viva, Pd e M5S sui braccianti è l’ennesimo ostacolo che ritarda un decreto che gli italiani aspettano da troppe settimane.

    Passano i mesi e se da un lato famiglie e imprese stanno ancora aspettando il decreto che il governo ha promesso ormai tanto tempo fa, dall’altro lato, per ingannare l’attesa, il popolo italiano può assistere al misero teatrino della politica romana: uno spettacolo che questa volta va in scena tra le file della maggioranza sul tema della regolarizzazione dei migranti.

    Il famoso decreto che dovrebbe stanziare 55 miliardi a favore di imprese e famiglie tarda ad arrivare e l’ostacolo principale questa volta è lo scontro sulla regolarizzazione dei braccianti: da una parte c’è Italia Viva, appoggiata da Pd e Leu, a favore di questa operazione, mentre dall’altra parte ci sono i 5 stelle i quali a loro volta sono ulteriormente divisi al loro interno.

    Tra i più fervidi sostenitori al veto sulla regolarizzazione c’è Carlo Sibilia (M5S), sottosegretario al Ministero dell’Interno il quale in mattinata ha affermato: “Tener fermo un decreto urgente a favore di un dibattito senza senso che mescola la mancanza di lavoratori agricoli con il covid-19, con il caporalato, con l’immigrazione, condito da lavoro nero, badanti e colf, non ha niente di serio. Non c’è tempo per le bandierine politiche del ministro renziano piuttosto che le dichiarazioni a senso unico di quello dell’economia. La storia giudicherà. Muoviamoci”.

    Una bordata diretta che segue il commento del deputato di Italia Viva, Andrea Orlando il quale ha affermato: “Domenica notte abbiamo concluso una riunione di maggioranza nella quale si sono sciolti tutti i nodi politici. La mattina dopo sono sorti dubbi, legittimi per carità, nel Movimento 5 stelle. Chi è che tiene fermo il decreto?”.

    In questo triste tentativo di scaricare la colpa sull’alleato di governo, è intervenuto il premier Conte il quale ha sottolineato il fatto che regolarizzare per un periodo determinato migranti che già lavorano sul territorio italiano significa “spuntare le armi al caporalato, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute tanto più in questa fase di emergenza sanitaria”.

    Diversi i punti di scontro: oltre al problema delle coperture economiche, c’è anche l’ipotesi di rigettare la sanatoria se il datore di lavoro è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione, il caporalato o lo sfruttamento della prostituzione. Poi c’è il problema della platea di beneficiari: circa 500/600mila secondo il progetto originario, ma che secondo alcune indiscrezioni potrebbero essere molti meno se i 5 stelle porranno alcuni paletti. Una querelle politica che lascia con l’amaro in bocca proprio in questo momento in cui molti italiani vivono nell’incertezza del domani.

    Simone Fausti

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