Alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, tenutosi ieri, in Medio Oriente è scattata la tregua tra Israele e Hamas. Il gruppo terrorista palestinese ha rilasciato tre ostaggi israeliani, tutte donne, che dopo 15 mesi hanno potuto riabbracciare le loro famiglie. Parallelamente, Tel Aviv ha liberato 90 prigionieri palestinesi, tra cui 62 donne: nessuno dei detenuti era accusato di fatti di sangue. Il prossimo ‘scambio’ dovrebbe avvenire sabato 25 gennaio: è quanto prevede l’accordo di cessate il fuoco, incentrato su una serie di step graduali.
Il vicesegretario agli Affari umanitari delle Nazioni Unite, Tom Fletcher, ha annunciato che sono entrati nella Striscia di Gaza 630 camion di aiuti umanitari. L’Onu stima che ci vorranno 14 anni per rimuovere i 50 milioni di tonnellate di macerie della guerra dalla Striscia, un’operazione che costerà oltre un miliardo di dollari. L’attenzione, tuttavia, per ora rimane sulla tenuta della tregua.
In un’intervista a La Stampa, il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha espresso ottimismo. “Siamo all’alba di una possibile pace che potrebbe coinvolgere l’intera regione”, ha detto il titolare della Farnesina, che tuttavia rimane prudente, osservando che adesso “inizia un lavoro diplomatico lungo e complesso per rafforzare la tregua”. L’obiettivo finale è la normalizzazione dei rapporti tra Paesi arabi e Israele. Nei giorni scorsi, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha avvertito che Tel Aviv è pronta a riprendere i combattimenti se “le tappe successive del patto non dovessero essere fruttuose”.