Un’ipotesi suggestiva si intravede all’orizzonte: e se questo momento storico diventasse per l’Europa quello che è stato il cosiddetto “momento hamiltoniano” alla fine del ‘700 negli Stati Uniti?
Si parla da diversi giorni di “momento hamiltoniano” e di corsi e ricorsi della storia; così incuriosito mi sono documentato in merito da diverse fonti, che ritengo credibili e serie.
Successe nel 1790 circa che, a seguito della sanguinosa guerra, non solo intesa in senso stretto, ma anche relativa ad una grande crisi economica causata dalle sanzioni, combattuta negli Stati Uniti – allora 13 colonie – per liberarsi dal giogo del Regno Unito, si arrivò finalmente all’agognata libertà e si constatò che i debiti di guerra erano enormi e i deficit dei vari Stati gravosi. Fu allora che prevalsero le tesi economiche di Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori degli USA; la sua proposta in estrema sintesi fu quella di mettere a fattor comune il debito pubblico delle 13 colonie, costituendo di fatto il debito pubblico del nuovo Stato Federale, oggi noto come USA. Dunque si scopre che la nascita degli Stati Uniti d’America parrebbe fondata proprio su questo fatto: mettere a fattor comune i debiti. Certo è un bel collante per stare insieme sapere che hai messo in comune i soldi, capita anche in altri ambiti, pensiamo alla famiglia o alle società formate da diversi soci finanziatori: quante volte l’elemento che tende a mettere d’accordo tutti è il fatto di aver investito insieme, diciamo coinvestito nella stessa opera.
Dunque, fatta questa breve premessa, cosa avrebbe di simile la situazione odierna dell’Unione Europea con la storia testé sinteticamente raccontata?
Innanzitutto l’uscita da un periodo che da più parti è stato a ragione paragonato ad una guerra, non una guerra ordinaria contro un nemico umano, ma sempre una guerra contro un nemico invisibile, il famigerato virus.
Poi la proposta di fine maggio proveniente da due dei Paesi simbolo dell’Unione Europea, ovvero Francia e Germania, di provare a costituire un Fondo di rilancio o Recovery Fund per mettere a fattor comune i soldi necessari per il rilancio dell’economia dopo la guerra. Per fare ciò si è pensato al Recovery Fund di cui abbiamo già trattato in un precedente articolo, ma soprattutto vale ricordare il metodo pensato e da utilizzare per alimentare questo fondo: gli Eurobond, niente di diverso dall’idea di Hamilton, mettere a fattor comune il debito pubblico. Non ci sarebbe più il debito dell’Italia, il debito della Francia e così via, ma il debito dell’UE.
D’altronde con un calo di PIL medio sull’anno stimato al -7% nell’UE, con un picco in Grecia del -9,7% ed un minimo d’incidenza in Polonia del -4,3%, l’intervento dello Stato è necessario; la stessa signora Merkel, strenua fautrice per anni della tesi che il debito pubblico sia il peggior veleno dell’economia pubblica, ha dovuto prevedere per la Germania un piano di debito che porterà per la prima volta nel Paese un rapporto deficit/PIL annuo pari al 10% (ricorderete forse che la signora si stracciava le vesti a sentire di un rapporto oltre il 3% per la povera Italia). Dunque non più ognuno in ordine sparso con la propria politica economica autonomamente finanziata, ma un debito unitario ed una politica comune. Sembra una soluzione davvero innovativa, inimmaginabile senza la crisi che abbiamo vissuto e stiamo vivendo.
C’è poi un secondo elemento fortunato da tenere in buona nota. Per fare una politica economica comune pare ovvio ci voglia un bilancio comune, e l’Unione Europea fin dalla sua nascita ha adottato un modello un po’ originale di bilanci comuni settennali: la trattativa tra gli Stati su quanto ognuno deve contribuire non viene fatta ogni anno, ma per un periodo temporale di 7 anni. E caso vuole che oggi siamo alla fine del periodo 2014-2020, ovvero ad ottobre cominciano le grandi manovre per il prossimo bilancio pluriennale ’21-’27. Quale occasione migliore per finanziarlo non con l’apporto dei singoli Stati, ma con un fondo comune, gli Eurobond appunto?
Potrebbe essere l’occasione per fare un vero Stato federale?
Tornando a leggere la storia, la cosa singolare è che pare che non furono né Hamilton né i suoi contemporanei a capire il passaggio epocale che si era attuato. Furono piuttosto le generazioni successive a capire che si era scelto per uno Stato federale e non per una Confederazione. Ribadiamo che pare, sempre andando a leggere i documenti storici, che il fondamento dello Stato federale fu quello di mettere insieme i debiti e ripartire con una ripresa fatta da un bilancio unico e non dai 13 bilanci delle 13 ex colonie.
Chissà se i cosiddetti Paesi frugali permetteranno che questa grande e potenziale novità si attui? Lo vedremo presto, perché le trattative sul Recovery Fund e sul nuovo bilancio settennale si aprono ora, a fine giugno, e si concretizzeranno – Paesi frugali e certamente non hamiltoniani permettendo – entro il prossimo mese di ottobre. Certo pensando ai nemici di Hamilton erano ben piu’ pericolosi dei paesi frugali tant’è che lo stesso fu ucciso in un duello nel 1804, avendo accettato la sfida da un suo nemico politico. Non credo oggi si arriverà a tale epilogo …
Forse, come successo negli Stati Uniti alla fine del Settecento, saranno solo le future generazioni europee a capire e spiegare nei libri che il 2020 è stato il momento hamiltoniano della vecchia Europa.
Un altro elemento suggestivo da aggiungere in conclusione: ricordate il nome dato alla proposta ed alle procedure del Recovery fund? Ve lo ricordo io: Next generation EU!
Enrico Viganò – Europartner