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    Recovery Fund: riforme strutturali per accedervi

    Recovery Fund: riforme strutturali per accedervi

     

    L’Italia dovrà avviare un piano esteso e dettagliato di riforme necessarie per la ripresa del Paese e per accedere ai fondi europei.

     

    Mentre si avvicina la riunione del Consiglio Ue del 17-18 luglio, comincia a delinearsi l’idea di come l’Italia potrà accedere al Recovery Fund e alla sua dotazione di 750 miliardi di euro divisi in 500 miliardi di sovvenzioni e 250 miliardi in prestiti.

     

    Di fatto l’Italia, che potrebbe beneficiare di 172 miliardi di fondi europei esclusi i 36 miliardi del Mes, dovrà dimostrare a Bruxelles di aver redatto e implementato un definito piano di sviluppo e riforme che rinsaldi la posizione economica del Belpaese e che permetta di superare alcuni ostacoli atavici. Gli obiettivi di sviluppo saranno contenuti nel Piano nazionale di riforma e nel Piano di ripresa che verrà presentato dall’esecutivo alla fine del mese di settembre, parallelamente alla nota di aggiornamento al Def. L’ottenimento dei fondi è dunque vincolato al conseguimento di questi obiettivi.

     

    Nessuna troika dunque, tuttavia l’Europa chiede all’Italia di programmare nel dettaglio la maniera con la quale intende uscire da quella che alla fine del 2019 era definita una situazione di stagnazione e che al termine del 2020 sarà recessione. Una richiesta che anzitutto dovrebbero fare i cittadini ai propri governanti: come tornare a crescere? In che modo lo Stato può aiutare i privati? Quali incentivi possiamo dare agli investitori? Domande che francamente spesso risultano ai margini del dibattito politico nostrano.

     

    Eppure il Pnr recentemente approvato dovrebbe cercare di rispondere proprio a questi interrogativi. Nel testo infatti si parla di «un forte aumento degli investimenti, un significativo incremento della spesa per ricerca, istruzione, innovazione e digitalizzazione e su riforme mirate ad incrementare la crescita potenziale, la competitività, l’equità e la sostenibilità sociale ed ambientale». Ottimi propositi, anche se lo scoglio più grande è come sempre l’effettiva implementazione.

     

    Un posto centrale negli obiettivi che si è posto il governo è occupato dalla riforma integrale del sistema fiscale italiano. Non misure spot come qualcuno aveva proposto qualche settimana riguardo alla sospensione temporanea dell’Iva per certi settori, ma un’operazione strutturale che interessi sia la parte della tassazione sul reddito, sia l’ambito delle detrazioni: «un fisco improntato al principio di progressività e che favorisca i ceti medi e le famiglie con figli». Una sottolineatura importante quest’ultima dal momento che, come già riportato più volte su queste pagine, il cuneo fiscale per le famiglie italiane è il più alto d’Europa (39,2%) tra i paesi europei membri dell’OCSE.

     

     

    Simone Fausti

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