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    Credito su pegno, il termometro della crisi: in continua crescita

    Il termometro della crisi: in continua crescita il ricorso al credito su pegno
    Non solo disoccupati, famiglie, pensionati, liberi professionisti e imprenditori cercano liquidità immediata senza gli intoppi della burocrazia. Affide: +30%.

    Sembrava un fenomeno circoscritto all’immediato post-lockdown, invece le richieste di credito su pegno continuano silenziosamente a crescere. Non solo disoccupati, anche insospettabili borghesi, liberi professionisti e imprenditori popolano le file fuori dagli sportelli dei banchi di pegno, in cerca di una liquidità veloce e senza troppi intoppi burocratici. Dentro le borse c’è, il più delle volte, la storia di una vita.

    Sono soprattutto gioielli di famiglia, oggetti preziosi di vario tipo, che aldilà del loro peso economico portano con sé un valore inestimabile, quello affettivo, che rende ancora più difficile la separazione. Ma la crisi morde senza tregua e si deve mandar giù il boccone amaro senza troppi ripensamenti. Con dignità ci si separa dai ricordi, nella speranza che le cose possano migliorare nel più breve tempo possibile, così da poter riscattare quanto dato in pegno e ripartire con fiducia.

    Una crescita che la dice lunga su quali siano gli effetti reali della crisi nelle tasche degli italiani: dall’inizio del lockdown la domanda di credito su stima è aumentata del 30%. Lo ha registrato Affide, società leader nel settore, tanto da dover ricorrere all’estensione degli orari di apertura degli oltre 100 sportelli dislocati sull’intero territorio nazionale per riuscire a far fronte a tutte le richieste.

    Secondo un’indagine condotta da Bva Doxa per Affide, i motivi per cui le persone si rivolgono al credito su pegno sono innanzitutto le spese impreviste, seguite dalla perdita del lavoro e, in seconda battuta, dalla riduzione dello stipendio. Ma c’è anche chi ricorre a questo strumento per poter pagare l’affitto o il mutuo dell’abitazione, oppure le bollette o ancora per sostenere le spese della propria attività commerciale.

    La stragrande maggioranza sono famiglie o pensionati che, pur tirando la cinghia, non arrivano alla fine del mese, e il prestito su pegno rappresenta l’unica alternativa per ottenere una liquidità immediata senza dover attraversare lunghi iter burocratici, tra valutazioni di solvibilità o presentazione di innumerevoli documenti, che potrebbero poi portare ad un nulla di fatto.

    Nel quadro generale della crisi economica e considerato l’aumento delle richieste di credito su pegno, le società cercano soluzioni su misura per andare incontro ai bisogni dei clienti. Così Affide ha messo a punto il servizio “30 giorni per te”, una promozione che prevede di ottenere il prestito senza interessi per i primi trenta giorni, e Ubi Banca nei mesi scorsi aveva sospeso fino a settembre la messa all’asta dei beni impegnati.

    Assopegno ha registrato che in Italia il credito su stima è utilizzato annualmente in un range che oscilla tra le 270mila e le 300mila persone, per un valore complessivo attorno agli 800 milioni di euro di affidamenti, con una media di 1000 euro a prestito.

    Il meccanismo è semplice ed immediato, attraverso il ricorso al credito su pegno è possibile ottenere un finanziamento in denaro offrendo come sola garanzia oggetti preziosi o gioielli, che rimangono di proprietà della persona che li impegna e che, nel periodo concordato, rimangono in custodia presso la società di credito. Alla scadenza il proprietario potrà riscattare il bene impegnato – cosa che si verifica nel 95% dei casi – oppure prolungare il finanziamento. C’è poi un 5% che non riesce a procedere con il riscatto, in questo caso il bene verrà venduto all’asta per conto del cliente. Stima che per quest’anno, a detta degli esperti del settore, potrebbe salire al 10%.

    Micol Mulè

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