Le stime del governo Conte sulla crescita del Pil nei prossimi anni.
Per cominciare a correre subito nel 2021, il governo ha predisposto un’azione espansiva che, combinata con i fondi europei, dovrebbe portare il Paese a crescere a livelli molto sostenuti. In audizione al Senato il ministro dell’Economia Gualtieri ha illustrato il progetto di Palazzo Chigi sull’utilizzo del Recovery Fund, mostrando anche le stime preliminari sul Pil. L’accoppiata manovra espansiva e aiuti europei dovrebbe portare ad una crescita del 6% nel 2021, del 3,8% nel 2022 e del 2,5% nel 2023. Valori estranei alla perdurante stagnazione italiana a cui siamo abituati ormai da più di un decennio. Secondo OCSE invece le previsioni di crescita del Pil nel 2021 si attestano a +5,4% per l’Italia (contrazione stimata per il 2020: -10,5%), +5,8% per la Francia (-9,5% nel 2020), +4,6% per la Germania (-5,4% nel 2020) e +5,1% per l’area euro (-7,9% nel 2020).
Per raggiungere questi risultati Palazzo Chigi è intenzionato a realizzare un forte rilancio degli investimenti pubblici sopra il 4% del Pil. Uno dei campi d’azione prioritari della manovra di bilancio dovrebbe essere il rilancio di Industria 4.0. Il problema è che i soldi necessari sono tanti e quelli europei non arriveranno prestissimo motivo per cui il governo sta pensando ad una manovra ponte per anticipare investimenti che in un secondo momento andrebbero finanziati col Recovery Fund.
Crescere sarà un imperativo nel 2021 dal momento che, causa pandemia, il debito pubblico italiano alla fine dell’anno salirà quasi al 160% del Pil. Secondo le stime del governo la forte crescita prevista per i prossimi anni sarà necessaria per ridurre il debito pubblico che dovrebbe scendere dal 158% di quest’anno al 155,6% nel 2022 fino al 151,5% nel 2023 e tornare a livelli inferiori al 130% entro la fine del decennio. Ma almeno per i primi due anni sarà necessario anche deficit aggiuntivo pari all’1,3% del Pil l’anno prossimo e lo 0,6% nel 2022.
Deficit necessario per tutta una serie di coperture tra cui sanità e scuola. L’occasione alquanto irripetibile di poter disporre di questi fondi europei e di poter progettare una manovra espansiva ambiziosa dovrebbe convincere l’esecutivo della necessità di metter mano ad alcuni settori che richiedono una riforma, a partire dal sistema pensionistico dal momento che, come riportato dal Foglio, da qui al 2036 un euro su tre della spesa pubblica se ne andrà in pensioni, ma solo se cresceranno popolazione, crescita e produttività. Un macigno che incombe soprattutto sulle generazioni più giovani ma che rischia di vanificare tutti gli sforzi che si faranno per aggiustare i conti pubblici.
Simone Fausti