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    Coronavirus: il lockdown non è l’unica soluzione

    Dopo un’estate da “liberi tutti”, inevitabilmente, come ci si aspettava, sono in aumento i dati relativi a casi di Covid e si sta paventando una nuova ipotesi di lockdown, con numeri che ormai hanno eguagliato quelli di marzo. Per le aziende, le attività, i piccoli e medi imprenditori, l’ipotesi è sicuramente un disastro, ma questa via è davvero l’unica per evitare la diffusione del contagio?

    Chiederselo è necessario, così come lo è provare a trovare alternative per far sì che l’emergenza sanitaria non si trasformi anche in una (nuova) emergenza sociale ed economica, dalla quale questa volta – per molti – risulterebbe difficile rialzarsi. Il precedente lockdown è costato 224 miliardi e un altro colpo del genere sarebbe davvero devastante sull’economia del Paese e su molte famiglie, così alcuni professionisti “vicini” al Centro Einaudi hanno provato a cercare soluzioni possibili per evitare al contempo sia i morti da pandemia che il collasso economico della società.

    Secondo l’Istituto superiore di sanità, l’età media dei morti di Covid è di circa 80 anni e solo il 3,8% non aveva alcuna patologia pregressa. Solo l’1,1% di 35mila deceduti presi a campione avevano meno di 50 anni. Un’ipotesi allora è: se mettessimo in lockdown solo le persone fragili e gli anziani? L’ipotesi è di Gianpiero Pescarmona, medico e biochimico dell’Università di Torino. Giuseppe Russo, economista, oltre che direttore del Centro Einaudi, ha preso sul serio l’ipotesi, analizzando costi e benefici di questa possibilità. Su 18 milioni di dipendenti in Italia, solo 1.303.200 non potrebbero svolgere attività di smart working. Se questi lavoratori fossero sostituiti con un indennizzo, il costo sarebbe di 162,77 milioni di euro al giorno, ma nuove persone troverebbero lavoro, creando così anche un impatto positivo sull’economia per via di un nuovo potere economico di spesa. Se fosse andata così, il precedente lockdown sarebbe costato “solo” 4,5 miliardi, a fronte dei 224 spesi in totale.

    Il tema però è: sì, ma la curva della pandemia che evoluzione avrebbe avuto con tutte le attività aperte? Pietro Terna, professore di economia ed esperto di modelli previsionali, ha provato a rispondere, creando un software virtuale della società piemontese in scala uno a mille. Secondo i suoi risultati, i numeri sarebbero stati simili. I suoi dati previsionali dicono infatti che i contagi aumenterebbero, ma non di molto, mentre decessi e terapie intensive resterebbero pressoché invariate. L’ipotesi andrebbe allora, a questo punto, quantomeno vagliata e presa seriamente in considerazione, perché anche l’economia, in questo momento più che mai, va necessariamente protetta dal virus.

     

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