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    Lockdown a Milano e Napoli? I sindaci chiedono risposte e Fontana scrive a Conte

    Le richieste di chiarimento dei rispettivi sindaci sulle parole del consulente Ricciardi. Fontana a Roma: “Lasciateci spendere per i ristori alle categorie colpite”.

    “A Milano e Napoli uno può prendere il Covid entrando al bar, al ristorante, prendendo l’autobus. In queste aree il lockdown è necessario”. Parole che pesano come macigni quelle diffuse a mezzo stampa dal consulente del ministero della Salute, professor Walter Ricciardi, che hanno comprensibilmente allertato i sindaci delle città indicate dal professore come possibili zone rosse.

    Che significato hanno quelle parole? È un’opinione in qualità di medico oppure è l’indicazione nella veste di consulente suggerita al ministero? È su questo che vuole far luce la missiva scritta a quattro mani dai primi cittadini di Milano e Napoli indirizzata al ministro Roberto Speranza.

    “Ci siamo sentiti con il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, perché il consulente del ministero della Salute, professor Ricciardi, ha evocato un lockdown per Napoli e Milano – fa sapere Beppe Sala nell’ormai consueto messaggio Facebook- ora, abbiamo scritto al ministro Speranza per sapere se quella è un’opinione del suo consulente o è un’opinione del ministero della Salute e, nel caso lo fosse, se è basata su dati e informazioni che il ministero ha e noi non abbiamo”.

    E sul tema del lockdown, tornato prepotentemente al centro della discussione, ha aggiunto: “Per quello che osservo ad oggi, ritengo sia una scelta sbagliata. Guardo i dati, oggi noi abbiamo meno di 300 persone in terapia intensiva, ne abbiamo avute 1700, sono in crescita ma stiamo già facendo dei sacrifici e vediamo cosa succederà”, sposando la linea di altri scienziati che hanno chiesto tempo per verificare gli effetti di queste prime misure messe in campo.

    Luigi De Magistris punta sulla necessità di condivisione delle strategie: “È un momento difficile e le decisioni difficili vanno prese insieme tra le istituzioni, ci vuole grande collaborazione tra governo, regioni e città in modo che insieme si possano prendere decisioni migliori a tutela della salute dei nostri concittadini ma anche per salvaguardare la situazione che diventa sempre più esplosiva dal punto di vista sociale, economica e del lavoro – ha sottolineato nel video messaggio con un chiaro riferimento ai fatti di Napoli – Credo che questo messaggio di unità anche tra le città di Napoli e Milano sia un bel segnale per il nostro paese”.

    La risposta del ministero della Salute, che non ha tardato ad arrivare, è però ancor più nebulosa delle parole di Ricciardi. Si parla genericamente di una cabina di regia in grado di “predisporre un focus specifico sulle città di Milano e Napoli che sarà messo a disposizione delle Regioni e dei Comuni interessati”. Non conferma, ma nello stesso tempo non esclude nessuna ipotesi.

    È il presidente Fontana, allora, a prendere carta e penna e scrivere al premier Conte chiedendo, numeri alla mano, di concedere a Regione Lombardia la possibilità di provvedere direttamente al ristoro delle categorie più colpite dalle misure restrittive adottate dall’ultimo dpcm.

    Dal rapporto di Confcommercio Lombardia, citato dal governatore, emerge che la stretta anti-Covid imposta agli esercizi pubblici costerà qualcosa come 860 milioni di euro al mese. Una perdita di proporzioni enormi. “L’obbligo di chiusura alle 18 – sottolinea Confcommercio Lombardia – impatterà in maniera disastrosa sui bilanci di ristoranti, bar, pub e pubblici esercizi di tutta la regione”.

    Fontana ricorda come Regione Lombardia abbia chiuso il 2019 con un avanzo di 115,933mln di euro, “ha un rating superiore allo Stato sovrano, ha sempre contribuito al conseguimento dei saldi di finanza pubblica”. In sostanza ha una “solidità finanziaria che gli investitori apprezzerebbero, potrebbe fare di più e meglio se le norme glielo consentissero”.

    Ecco allora la proposta a Conte: “Sono a chiederLe di fare tutto il possibile affinché anche le altre Pubbliche Amministrazioni possano fare “sistema” per fornire risposte adeguate all’emergenza e quindi a sostegno delle categorie colpite”. Un esempio? “Permettendo che eventuali risparmi su risorse già assegnate dallo Stato con destinazione specifica possano essere utilizzati per le finalità sopra evidenziate alla sola condizione che non sussistano obbligazioni sottostanti; ovvero, altresì garantendo maggiore flessibilità nell’uso delle risorse dell’incremento del fabbisogno sanitario nazionale standard, stente le diverse modalità organizzative dei servizi sanitari regionali, comunque mantenendo la finalizzazione delle risorse ad assicurare la gestione dell’emergenza sanitaria”.

    Micol Mulè

     

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