Il MEF include nel Recovery altri 35,6 miliardi, producendo un deficit aggiuntivo che solleva problemi di finanza pubblica
Il Recovery Plan potrebbe comportare un deficit aggiuntivo di 35,6 miliardi. La rilevazione proviene da due dossier curati dai Servizi studi e bilancio di Camera e Senato.
A far lievitare il deficit sarebbero due integrazioni compiute dal Ministero dell’Economia, finalizzate all’ampliamento dei progetti.
Una di queste riguarda il prelievo dal vecchio Fondo “Sviluppo e Coesione”, per una cifra di 21,2 miliardi, da aggiungersi ai 209,5 del Recovery. Inoltre sono state aggiunte risorse per 14,4 miliardi per finanziare nuove iniziative.
L’effetto di questa duplice integrazione è abbastanza preoccupante, dal momento che potrebbe avere ricadute considerevoli sotto il profilo della finanza pubblica. Il Governo ha perciò deciso di spendere risorse aggiuntive rispetto a quelle stabilite dall’Europa nell’ambito del Next Generation Eu, con la conseguenza di aumentare il decifit, a meno che nuove coperture non vengano trovate.
La scelta dell’esecutivo si spiega dal fatto che i 21,2 miliardi del Fondo “Sviluppo e coesione” avrebbero potuto essere utilizzati in base ad una procedura più lenta e farraginosa, perciò il Mef ha deciso di integrarli nel mega fondo del Recovery Plan. L’aspettativa del Governo è quella di colmare tale deficit aggiuntivo con le maggiori entrate fiscali previste, frutto delle misure che verranno intraprese. Ma questa tesi non sembrerebbe provata dalle proiezioni.
Gli ulteriori 14,4 miliardi sono giustificati dal Governo come un accantonamento di emergenza, nel caso in cui alcuni progetti dovessero essere bocciati dalla Commissione Europea. Ma anche qualora ciò si realizzasse, il Governo sarebbe tenuto a rendere esplicita l’eventuale rinuncia dettagliata ai piani aggiuntivi per 14,2 miliardi, per evitare il c.d. rischio “indeterminazione”, in violazione delle regole poste dalla Commissione.
Andrea Curcio