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    Torino, dal 2011 perse 18mila aziende

    Torino, dal 2011 perse 18mila aziende

    La pandemia ha sicuramente influito, ma l’imprenditoria torinese prosegue nella sua crisi fin dal 2011, data dalla quale, a oggi, sono 18mila le imprese perdute, soprattutto nella dimensione delle micro-imprese, ovvero quelle con meno di 10 addetti. Un dato significativo, che di fatto segna profondamente non solo il tessuto imprenditoriale tout court, ma un vero e proprio target specifico, che per anni è stato spina dorsale non solo della città, ma di un’impronta culturale tutta italiana, da sempre votata alle piccole aziende, soprattutto quelle a conduzione familiare; l’ultimo dato davvero positivo risale al 2007, probabilmente sull’onda lunga dell’impulso dato dai Giochi olimpici invernali, con 19.524 aperture e 16.467 chiusure.

    I dati, frutto di un’analisi di Camera di Commercio di Torino, sono stati commentati così dal suo direttore Dario Gallina: «Il 2020 si configura come un anno di sostanziale paralisi della dinamicità imprenditoriale, con un forte calo sia delle aperture sia delle chiusure di impresa, queste ultime mitigate dalle misure di sostegno introdotte nel corso dell’anno a livello nazionale e regionale Anche se nel 2020 il tasso di crescita è risultato positivo (+0,16%), dovremo attendere i dati 2021 per poter quantificare con maggiore precisione gli effetti reali della crisi sanitaria sul complesso del tessuto imprenditoriale».

    Il 2020, soprattutto a causa della pandemia, è stato un anno di quasi totale immobilità per il comparto delle imprese, con pochissime nuove aperture e alcune chiusure, sperando queste non aumentino ulteriormente nel 2021 a fronte delle conseguenze a medio e lungo termine della crisi sanitaria, economica e sociale, soprattutto con la fine o riduzione degli ammortizzatori sociali. L’impatto Covid, di fatto, al momento, si è fatto sentire soltanto in specifici settori: agricoltura (-1,5%), meccanica (-1,4%) e commercio (-0,6%), con un boom dell’e-commerce (+13,6%). In crescita, invece, alimentari, farmacie, costruzioni, sanità e servizi pubblici.

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