Chieste deroghe da parte del personale sanitario, dell’ANM e molti altri. Molte famiglie non dispongono ancora dei computer.
Il regime della didattica a distanza sta sollevando moltissimi malumori tra le famiglie. A un anno dallo scoppio della pandemia, la situazione è rimasta la stessa. Ma le famiglie non si accontentano più dell’educazione a distanza, chiedono che i propri bambini e ragazzi possano tornare a scuola in presenza.
In alcune scuole milanesi Lunedì si sono presentati diversi figli di infermieri, medici, di tecnici delle telecomunicazioni, di addetti del settore alimentare, che sulla base di una nota ministeriale del 4 marzo, avevano chiesto una deroga alla Dad per il personale sanitario in prima linea nella lotta alla pandemia, ma anche per lavoratori dei settori “essenziali”. L’ambiguità del termine ha inevitabilmente creato molta confusione, perciò molte famiglie hanno protestato per far ritornare i figli a scuola, tra cui i membri dell’Associazione Nazionale Magistrati.
“Non potevamo rimandare gli alunni indietro – dice a malincuore la preside della Perasso, Antonella Caleffi – per oggi li abbiamo accolti comunque. Sono solo una decina. Ma da domani potranno partecipare in presenza solo i bambini con bisogni educativi speciali e con disabilità che ne fanno richiesta”.
Fanno altresì eccezione alla Dad le ore previste necessariamente all’interno dei laboratori. Le scuole si stanno organizzando suddividendo in gruppi gli studenti.
Dopo un anno, permangono ancora i problemi relativi alla carenza dei dispositivi elettronici tra le famiglie per far seguire la didattica a distanza.
Lo conferma la dirigente Caleffi: “Su 650 famiglie che hanno risposto, un quarto ha dichiarato di averne bisogno e ne distribuiremo circa 180. Dallo scorso marzo, grazie a bandi e donazioni, abbiamo raccolto 225 dispositivi ma una parte serve per docenti e didattica in presenza. E dobbiamo cercare soluzioni per le connessioni internet: non tutti ne hanno una adeguata”.
Andrea Curcio