Carlo Tognoli, ricordo di un sindaco straordinario
Caro direttore,
un mese fa ci lasciava Carlo Tognoli, che con onore e sagacia è stato sindaco di Milano per 10 anni, in tempi molto difficili, quando governare una città era più complicato di adesso, ma anche più democratico. L’elezione diretta del sindaco ha, di fatto, quasi azzerata la funzione del consiglio comunale, concentrando nel primo cittadino ogni potere. Ciò va bene se il sindaco è bravo come lo fu Albertini (il vero artefice del rilancio di Milano), ma non va bene se un sindaco si limita a vivere sugli allori di alcuni predecessori, come sta facendo l’attuale.
Tognoli fu un sindaco molto popolare, per il semplice fatto che egli amava molto Milano ed i milanesi e con essi sapeva instaurare un rapporto molto semplice e, diciamo così, popolare. Sono stato suo assessore per un anno (1985/1987), svolgendo le funzioni di prosindaco e assessore ai servizi sociali e devo dire che con lui si lavorava molto bene, anche perché lasciava molta libertà agli assessori nell’attuazione di quanto deciso nel programma della giunta. Ricordo che si riuscì a dare un grande impulso ai servizi per la popolazione anziana e su questo trovammo un’intesa molto costruttiva per la città.
Per essere leali con la realtà, occorre anche dire che la maggiore “democrazia” di quei tempi rendeva, nei fatti, anche più lungo il cammino delle delibere esecutive e questo finì con danneggiare la popolarità degli amministratori e dei politici. Tognoli, comunque, non ha perso l’affetto di tanti milanesi, perché sapeva loro spiegare i motivi dei ritardi, trattenendo un rapporto onesto e leale con gli stessi cittadini.
Le assurde norme restrittive derivate dalla presente pandemia hanno impedito di salutare Tognoli come avrebbe meritato: è un peccato, perché sarebbe stato utile e interessante potere fare memoria concreta di un modo di far politica che, comunque, ha portato l’Italia fuori dalla tragedia della guerra.
Con Tognoli siamo stati alleati, ma anche grandi avversari, ma sempre ci siamo rispettati, perché molti venivamo da un’unica scuola: quella di essere entrati in politica dopo un duro lavoro nella base della società. Un lavoro che aveva insegnato a tenere continuamente un rapporto reale con la “gente”. E quest’ultima ci invitava sempre ad essere costruttivi: non nemici distruttivi, di cui molti danno spettacolo negativo oggi.
Caro Carlo, ti sia lieve la terra e aperto il cielo.
Peppino Zola