Milano, la sfera economica al centro della criminalità femminile
Un’indagine multidisciplinare finanziata dalla Bicocca mette in luce un elevato numero di imputazioni relative ai risultati d’impresa, particolarmente significativi nel capoluogo lombardo.
Vittime o carnefici? Sono le donne ad essere protagoniste di un’insolita ricerca che le osserva nella veste di autrici di reato, un fenomeno poco indagato che ha trovato spazio nelle pagine del libro “La criminalità femminile”, curato da Claudia Pecorella, sintesi di un’indagine empirica e multidisciplinare sul tema, finanziata dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Bicocca di Milano. Un’analisi sulla delinquenza in rosa che mette a confronto saperi extra giuridici con i dati giudiziari rilevati in due Tribunali agli antipodi, Ragusa e Milano, dai quali emerge un elevato numero di imputazioni relative ai risultati d’impresa particolarmente significativi nel capoluogo lombardo, centro economico del Paese.
L’indagine ha preso in esame tutti i procedimenti penali che si sono conclusi in primo grado, presso le sezioni del Tribunale milanese, nell’arco temporale che va dal 2015 al 2017, selezionando i provvedimenti adottati dai diversi Gip. 1382, per l’esattezza, con i quali sono state definite le posizioni giuridiche di 1482 donne, di cui la maggior parte – pari al 42,2% – nel 2016, percentuale che scende di poco, 31,5%, nel 2017, mentre si attesta al 26,2% nel 2015. Tra i provvedimenti esaminati, le sentenze di condanna superano quelle di assoluzione, attestandosi al 56,5%.
Come sottolinea la curatrice, docente di diritto penale in Bicocca, “anche se è difficile individuare la ragione di questa discontinuità nei dati – e quindi l’aumento dei reati di cui è espressione – una incidenza non marginale potrebbe avere la crisi economica scoppiata negli Stati Uniti nel 2007”. Gli effetti della “grande recessione” si sono manifestati in Italia tra il 2008 e il 2014, osserva Pecorella, evidenziando che“negli anni 2016 e 2017 il numero di procedimenti per bancarotta, certificato a dichiarazioni di fallimento intervenute tra il 2011 e il 2014, è raddoppiato rispetto all’anno precedente”. Allo stesso modo rilevano le violazioni in materia previdenziale e tributaria, quasi scomparse dai dati relativi al 2017 a seguito della depenalizzazione del 2016 e alla modifica della legislazione penale tributaria del 2015.
Sebbene i reati compiuti dal gentil sesso rientrino nella sfera economica, e incidano con una percentuale vicina al 38% sul totale delle imputazioni a carico di 485 donne, non si può tuttavia affermare che in larga parte siano imprenditricivere e proprie. Quanto piuttosto donne vittime della gestione non proprio trasparente degli affari delle aziende a conduzione familiare, dove non di rado si trovavano coinvolte nel ruolo di “prestanome”, posizione che le ha portate ad infilarsi in guai giudiziari nonostante, di fatto, ad amministrare le aziende fossero tutt’altre persone.
Nel novero degli illeciti a carico delle donne milanesi rientrano anche quelli a fini di lucro, come furti e rapine, ma anche traffico e commercio di sostanze stupefacenti, che hanno interessato poco più del 26% dei provvedimenti emessi dai giudici per le indagini preliminari nel periodo che va dal 2015 al 2017. Al terzo posto, con il 16,1%, ci sono i reati “contro l’ordine pubblico”. Seguono poi le violazioni del codice della strada, per il 14,1%, “connotate da un atteggiamento imprudente”, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di guida in stato di ebbrezza o sotto l’uso di sostanze stupefacenti, guida senza patente, fino ad arrivare alle fattispecie più gravi di lesioni o omicidio colposo. Da ultimo, al 10,5%, i reati contro la persona.
Micol Mulè