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    Alla ricerca di un centro propulsivo e trasformativo in Italia e in Europa

    Alla ricerca di un centro propulsivo e trasformativo in Italia e in Europa
    di Maurizio Cotta
    La crisi dell’assetto bipolare post-DC e il fallimento del bipolarismo italiano
    Negli anni ’90 la fine, per l’esaurimento delle sue ragioni ideali e per l’incapacità di rinnovarsi, del grande partito di centro (la Democrazia Cristiana) che aveva governato l’Italia nel mezzo secolo successivo alla guerra aveva alimentato la speranza che un nuovo assetto bipolare avrebbe innescato una nuova e positiva dinamica competitiva tra centro destra e centro sinistra. Questa speranza si è presto rivelata una illusione. La competizione bipolare non è da sola garanzia di politica efficiente e di innovazione (oltre che di rispetto reciproco tra le due parti) come troppo facilmente avevano pensato i suoi sostenitori. Le due coalizioni che hanno dominato la vita politica italiana fino al 2011 hanno rapidamente mostrato gravi difetti. La sinistra, incapace di comprendere veramente caratteri ed esigenze del tessuto produttivo italiano, ha perduto i contatti con la base popolare per rifugiarsi nelle esigenze della borghesia radicale; la destra, prontaa cogliere lamentele e mal di pancia di una parte importante dell’economia e anche dell’elettorato popolare, non è stata capace di elaborare risposte all’altezza della serietà dei problemi nazionali e internazionali e si è rifugiata in slogan di facile presa e in una chiusura nazionalistica senza sbocchi. Le grandi fratture del sistema socio-economico italiano – tra nord e sud, tra lavoro protetto e lavoro precario, tra scuole statali e scuole di elite, tra settori ad alta produttività e apparati statali a bassa efficienza, tra grandi imprese e partite IVA – e l’impoverimento delle famiglie con più figli non sono state sanate, anzi sono state spesso accentuate e radicalizzate dalla competizione bipolare. L’Italia si è trovata quindi ad affrontare le grandi crisi della globalizzazione (quella economico-finanziaria del 2008 e quella pandemica del 2020) in condizioni di grave debolezza e senza una classe politica capace di generare la solidarietà nazionale richiesta in simili momenti e di guidare il paese fuori dalle crisi.
    La necessità, per ben due volte in dieci anni, del ricorso a governi a guida tecnica per gestire le crisi (Monti nel 2011 sull’onda del fallimento del centro-destra e Draghi nel 2021 per il fallimento del governo 5Stelle-PD) e la grande volatilità dei comportamenti elettorali degli Italiani che hanno spostato ripetutamente il proprio voto da un partito all’altro in cerca di risposte che non hanno trovato sono state la certificazione dell’insuccesso del sistema dei partiti.
    Andare oltre il vecchio bipolarismo
    Il quadro che ci troviamo davanti, mentre la legislatura volge verso la fine e si avvicinano le nuove elezioni parlamentari, è quello di un sistema di partiti che per effetto degli incentivi del sistema elettorale parzialmente maggioritario sembra condannatoa ripetere stancamente la usurata alternativa tra destra e sinistra, ma in condizioni ancora peggiori di quelle passate. A sinistra si prospetta una coalizione tra un Movimento Cinque Stelle in assoluta crisi di progettualità e di leadership e un PD che sembra trovare voce solo su battaglie identitarie radicali come la legge Zan sull’omo-transfobia e quella sull’eutanasia; a destra il declino di Forza Italia (e del suo leader storico) ha aperto la strada alle due formazioni più a destra che trovano le basi del loro consenso più nel malcontento originato dai problemi del paese che inprospettive politico-programmatiche in grado di delineare un futuro diverso per il paese.
    Per chi condivide questa analisi si apre la sfida certamente difficile ma insieme necessaria (e potenzialmente entusiasmante)di concepire e sviluppare una alternativa a questo stato di cose così poco soddisfacente. Da molti si auspica un ritorno verso un centro politico capace di rintuzzare le posizioni estreme dello schieramento politico e dare un nuovo baricentro alla politica italiana. Ma qui bisogna intendersi: il centro come luogo geometrico di mediazione e di raccolta delle briciole dei due schieramenti alternativi non è quello che serve oggi al paese. Serve invece un nuovo soggetto politico che abbia il coraggio di proporre non una annacquata via di mezzo, ma una vera novità, un progetto trasformativo come giustamente suggerisce Stefano Zamagni. Il nuovo partito INSIEME è nato proprio per questa scommessa: a quasi un anno dalla sua nascita è giunto il momento di articolare con chiarezza la nostra proposta.
    Un programma di trasformazione ancorato ad una solida antropologia
    Per dare una risposta politica a questa situazione occorre elaborare proposte programmatiche strategicamente finalizzate al superamento delle gravi fratture del paese che ho menzionato più sopra. Queste proposte devono basarsi da un lato su una analisi attenta e direi spietata delle criticità del sistema pubblico-privato italiano, dall’altro sul riconoscimento e la valorizzazione delle grandi risorse di imprenditorialità, associazionismo, volontariato che la società italiana nelle sue ricche diversità territoriali riesce a mettere in campo. Questo lavoro che richiede la capacità di chinarsi con attenzione sulle realtà sociali, economiche e amministrative del paese per capirne i problemi non può fare a meno però di una forte presa di coscienza degli assi valoriali che devono guidare le proposte di rinnovamento del paese.
    Per affrontare un futuro che prospetta insieme grandi potenzialità di cambiamento e innovazione, ma anche molte minacce per la integrità stessa delle persone, occorre innanzitutto che sia chiara la visione antropologica che guiderà il nostro programma, c’è poi un secondo aspetto sul quale ritornerò tra poco che concerne la collocazione del paese Italia nel contesto internazionale.
    Sul primo punto occorre essere molto chiari: la visione individualista e relativistica che pervade tanta parte della cultura dominante dell’Occidente (e dell’Italia) non offre basi solide per affrontare positivamente le sfide del futuro (dal rapporto con una tecnologia sempre più potente ed invasiva, all’invecchiamento delle popolazioni e al declino demografico, ai problemi ambientali). E’ necessario invece rimettere al centro l’affermazione della dignità inviolabile dell’essere umano, concepito come persona che si realizza in un contesto ricco di relazioni reciproche, durevoli, generative e orientate al futuro. Per far questo, non solo a parole ma con politiche concrete che vanno dal campo fiscale a quello scolastico, da quello lavorativo a quello del welfare, deve essere riconosciuto dallo Stato il ruolo centrale nella società della famiglia naturale orientata all’accoglimento dei figli e primo centro di radicamento e trasmissione di valori. La valorizzazione dell’ampio mondo dell’associazionismo e del terzo settore e dell’impresa cosciente del suo ruolo non solo economico ma anche sociale costituirà poi il complemento a questa visione.
    Una sfida italiana ma insieme europea
    Per affrontare i seri problemi dell’Italia, paese a forte vocazione manifatturiera ed esportatrice e collocato nel mezzo del turbolento mare Mediterraneo, non si può prescindere da una prospettiva di apertura del paese verso l’esterno e di forte cooperazione internazionale. In un quadro internazionale nel quale l’ascesa della Cina, l’emergere dei gravi disequilibri della globalizzazione (manifestatisi anche con la recente crisi pandemica), i fallimenti internazionali della superpotenza americana segnalano l’emergere di un quadro internazionale con un alto tasso di incertezza e pericolosità un saldo incardinamento nell’Unione Europea è per l’Italia una condizione imprescindibile per affrontare e gestire le grandi problematiche degli anni venturi.
    Ma quale Europa? La storia ci ha insegnato ad abundantiam che l’Europa o è uno spazio pacificato ed efficacemente governato o è un’area suscettibile di forti tensioni come ben dimostrano le aree ai suoi confini che non hanno trovato ancora una integrazione. Per questo crediamo che l’Italia debba fare una scelta chiara e senza tentennamenti per un rafforzamento dell’integrazioneeuropea. Questo non vuol dire non lasciare ampie aree di determinazione nazionale nei settori nei quali le peculiarità nazionali devono essere riconosciute e valorizzate, ma capire che per proteggere gli interessi dei paesi membri e per poter avere un peso nelle questioni internazionali la soggettività politica dell’Unione Europea deve essere rafforzata. L’UE non può restare un gigante economico, ma un nano politico costretto a subire le crisi che nascono nelle diverse parti del mondo.
    Anche qui una integrazione “ben temperata” richiede un centro equilibrato e propulsivo capace di non assoggettarsi a rigide e semplicistiche visioni ideologiche ma ancorato a saldi valori umanistici e capace di rafforzare le basi di legittimità di una Europa più forte. L’area del popolarismo europeo è quella che meglio può caricarsi di questa fondamentale responsabilità,soprattutto se invece di attestarsi su un moderatismo economicistico senz’anima saprà ritrovare quell’ispirazionecristiana che con la sua visione integrale della persona umana può dialogare senza sensi di inferiorità con le culture laiche e dare all’Europa una bussola per affrontare il mare aperto. Il nuovo soggetto politico italiano delineato più sopra deve saper giocare la sua partita non solo nel contesto nazionale ma anche in quello europeo. Solo operando in maniera complementare sui due livelli la sua azione politica potrà essere efficace.

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