Import-export: la bilancia con l’estero tra alti e bassi
La ripresa economica dell’Italia dalle macerie della pandemia segna il passo: i dati di marzo e aprile fanno registrare un crollo degli scambi, la domanda ristagna in molti mercati di destinazione storici e diversi settori hanno iniziato a sospendere la produzione. Un segnale decisamente preoccupante.
Ad eccezione della filiera agroalimentare, del settore farmaceutico e di pochi altri beni essenziali, si assiste nel periodo considerato ad un vero crollo di ordini rispetto al trend consolidato negli anni pre-Covid.
Se al dato produttivo affianchiamo gli scambi commerciali nei servizi, in particolare alla voce turismo e viaggi all’estero, l’andamento presenta una riduzione dell’80 per cento circa.
In generale il rallentamento è marcato sia per le importazioni che per le esportazioni, per le quali la flessione è decisamente più marcata.
Si evidenzia quindi, che la ripresa non è ancora consolidata e che il lockdown internazionale rappresenta uno scenario ancora condizionante l’andamento dell’economia.
Sul fronte importazioni si assiste ad un crollo dei prezzi, in particolare per la componente energetica, ma in termini di volumi anche le esportazioni hanno subito una forte contrazione che ha pesato sulla bilancia commerciale, contribuendo a un saldo negativo complessivo di circa un miliardo di euro, a fronte di un avanzo positivo di circa 3,5 miliardi registrato nel 2019.
La domanda interna rimane debole, pur considerando non significativo a livello di andamento il periodo condizionato dal Covid, condizionando un minor ricorso alle importazioni.
Analogamente, anche la ripresa del nostro export rimane ancora per qualche tempo condizionata dalle incertezze dei paesi terzi che non vivono una situazione diversa dalla nostra, anche se gli analisti prevedono una crescita attesa per i prossimi mesi nei quali dovrebbe tornare a vedersi il segno positivo nella nostra economia.
Se il presente non è roseo, qualche segnale di ottimismo ci viene dalle proiezioni sul medio termine, che, seppur a rilento, dovrebbe definitivamente portarci fuori dal tunnel della stagnazione per tornare a un livello di scambi analogo a quello pre-Covid. Una nota positiva viene dall’analisi degli andamenti degli altri paesi che sono sostanzialmente analoghi all’Italia.
Un fattore che gli esperti considerano funzionale alla ripartenza è la necessità per molti settori industriali di procedere alla ricostituzione di magazzini di prodotti semilavorati, favorendo una nuova ascesa degli ordini e dunque una accelerazione della domanda.
Pur a macchia di leopardo – considerando l’evoluzione non lineare della pandemia nei vari Paesi – le nostre imprese dovrebbero a breve riprendere fiato grazie a una consistente domanda estera.
Una variabile non secondaria sarà rappresentata dalle politiche monetarie delle varie nazioni, in particolare dei paesi emergenti che attuano politiche di forte svalutazione e conseguentemente condizionano le politiche dei prezzi a netto sfavore delle esportazioni soprattutto nei Paesi extra UE.
Le prospettive rimangono inevitabilmente molto incerte, legate a fattori da valutare per tempo, auspicando la tenuta del nostro export anche grazie a politiche adeguate a sostenerlo.
Un settore strategico in questo quadro economico precario è costituito dal mondo del turismo, fondamentale per la ripresa soprattutto se saprà incentivare un massiccio incoming dall’estero, visto che la domanda interna latita e non si prevede possa accelerare di molto nel breve termine.
Ci attendono mesi e anni di lenta ma progressiva ripresa che potrebbero portare a un costante miglioramento dell’economia soprattutto se le esportazioni daranno la scossa attesa.
Gli analisti ci lasciano ben sperare, pur senza eccessiva euforia: ci accontenteremmo di veder migliorare i nostri conti poco alla volta, ma senza incertezze.
Del resto, il mercato ha una sola ricetta che nessuno può condizionare se non una comune e ferma volontà di rinascita.
Pietro Broccanello