Monopattini elettrici, per la prima volta a processoconducente e società di sharing
Il 23enne investì una donna in una zona centrale della città provocandole gravi lesioni. La società di noleggio di fatto operava senza avere l’autorizzazione per farlo.
Monopattini ancora al centro dell’attenzione con il primo processo che vede come imputati il legale rappresentante di una delle prime società di sharing approdate a Milano e il conducente del mezzo che, viaggiando in contromano, investì in pieno centro un’anziana donna procurandole gravi lesioni. Tra le accuse, lesioni stradali gravi e violazione delle norme del Codice della strada.
I fatti risalgono al maggio del 2019, quando ancora l’utilizzo dei monopattini elettrici non era diffuso nel capoluogo lombardo e nemmeno il business legato al noleggio. Il giovane alla guida del mezzo procedeva contromano lungo la carreggiata – peraltro vietata alla circolazione dei monopattini – di via Olona, nelle vicinanze di Sant’Ambrogio, quando centrò in pieno la donna che stava attraversando la strada, sbalzandola violentemente sull’asfalto. Una caduta che è costata alla signora la frattura del bacino e la conseguente immobilizzazione per i tre mesi successivi. Fu uno dei primi casi di investimento di pedone provocati dal mezzo elettrico.
Parallelamente all’indagine per lesioni colpose gravi che ha visto protagonista il 23enne alla guida del monopattino, è partita anche quella che coinvolge il manager della società di noleggio che, secondo il pm della procura milanese che ha disposto la citazione diretta a giudizio, avrebbe provocato “pericolo per gli utenti della strada, mettendo a disposizione monopattini elettrici in numero imprecisato per il noleggio, nonostante si trattasse di dispositivi di cui era vietata in ogni caso la circolazione su carreggiata e in presenza di esplicito divieto, da parte del Comune di Milano, ad intraprendere l’attività”, oltretutto tralasciando di fornire agli utenti indicazioni chiare in merito ai divieti relativi ai monopattini.
Il Comune di Milano, all’epoca dei fatti, aveva sospeso l’avviso pubblico rivolto alle società di sharing per ottenere la convenzione con l’Ente in attesa di una regolamentazione dal Ministero per la loro circolazione. Da quanto emergerebbe dalle indagini, la società avrebbe quindi operato senza che fosse autorizzata a farlo.
Micol Mulè