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    Troppi punti non chiari sui controlli del certificato sul lavoro

    Troppi punti non chiari sui controlli del certificato sul lavoro, anche gli esperti rimangono scettici sulla drasticità del provvedimento.

    Da ieri, venerdì 15 ottobre, il green pass sarà obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro.
    La scadenza di questa dibattuta misura è prevista per il 31 dicembre 2021, data che coincide con il termine dello stato di emergenza. Ma in vista di questo provvedimento, la riorganizzazione delle attività non è ancora stata definita del tutto e rimane una questione aperta quella sulle conseguenze sulle imprese generate dai lavoratori privi di certificato verde. A questo proposito si è espressa il presidente dell’Aidp (associazione italiana dei direttori del personale) Matilde Marandola, ricordando che l’obbligo causerà una serie di ricadute operative su alcuni aspetti riguardanti le aziende.

    Tra questi i più importanti sono la gestione delle misure di controllo sui dipendenti e la gestione dei dati raccolti. Per gestire la verifica del green pass sarà usata l’app Verifica C19. I lavoratori coinvolti su cui esercitare questo meccanismo superano la quota di 23 milioni.

    I dati raccolti tramite questo esercizio si andranno a depositare nella banca dati di Sogel. Si auspica di riuscire ad ottenere un controllo massivo ed efficace ma anche gli esperti hanno seri dubbi sull’efficenza istantanea di questo provvedimento.
    Uno dei problemi più ostici è quello riguardante i lavoratori in proprio per i quali sarebbe velleitario auspicare il rispetto del nuovo decreto. Dovrebbero infatti controllarsi ogni giorno da soli.

    Tutto ciò riguarda anche i lavoratori autonomi a contatto diretto con il pubblico tuttavia  nessun cliente ha diritto di richiedere il controllo del certificato.
    L’ultimo grande punto da chiarire è quello della sostituzione del lavoratore la cui attività lavorativa è stata sospesa.

    Parte del testo del decreto è stata dedicata a questo argomento e in questa parte si può leggere che la sostituzione dei dipendenti no vax è concessa solo nelle piccole imprese che contano meno di 15 dipendenti ed è valida soltanto per 10 giorni.

    Questo forse è il punto più ostico e forse sarebbe urgente revisionarlo, in quanto per le piccole imprese in questione qualsiasi numero di dipendenti in meno rappresenterebbe una forte percentuale di perdita della forza lavoro.

    Che l’Italia rappresenti un modello degno di considerazione da parte degli altri paesi è certo, ma non per questo qualsiasi misura restrittiva si prenda porta frutti, soprattutto se non ci si prende il tempo necessario per organizzarsi di conseguenza.

     

    Tommaso Ciani

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