Regione Lombardia: la sanità che verrà
Le grandi manovre per completare il percorso di revisione della riforma sanitaria in Regione Lombardia entrano nel vivo.
Il progetto di legge che andrà a ridefinire l’organizzazione dei servizi sanitari e socioassistenziali regionali è al vaglio della commissione consiliare competente che, dopo aver svolto gli opportuni approfondimenti al testo base predisposto dall’assessore Letizia Moratti, grazie anche alle audizioni di circa un centinaio di stakeholders, si appresta a votare il provvedimento legislativo e gli emendamenti che le forze politiche hanno predisposto per apportare migliorie al testo uscito dalla Direzione generale Welfare.
Il voto in commissione è previsto per la fine di ottobre e il passo successivo sarà la votazione in Consiglio con una maratona di tre settimane di lavori che porteranno al varo del nuovo testo di legge entro la fine di novembre.
Si preannuncia un dibattito molto acceso tra maggioranza e opposizione, come era prevedibile, trattandosi della materia più delicata – la salute di dieci milioni di cittadini lombardi – che assorbe oltre l’80% del bilancio regionale.
Il progetto di legge in realtà non attua una riforma del modello sanitario lombardo, bensì rappresenta un documento di revisione della legge attuale alla luce dei primi cinque anni di attuazione e delle carenze messe in risalto dagli eventi pandemici degli ultimi due anni.
La legge vigente, la n.33 del 2009, Testo Unico in materia di Sanità, è stata profondamente modificata nel 2015 dalla legge regionale n.23, quella che ha modificato le vecchie ASL in ATS e le aziende ospedaliere in ASST. Proprio il suo carattere innovativo aveva dato avvio a una intesa Regione – Ministro della Salute che prevedeva una fase sperimentale di cinque anni, al termine dei quali Regione Lombardia avrebbe fatto un check sugli effetti prodotti ed eventualmente aggiustato il tiro rispetto alle criticità rilevate.
Per questo, il Ministero della Salute attraverso la propria agenzia tecnica, Agenas, ha prodotto una relazione nella quale si conferma la bontà dell modello lombardo, pur rilevando la non completa attuazione della riforma del 2015, soprattutto per quanto attiene all’organizzazione sanitaria del territorio.
Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) resosi necessario per tutto il Paese a seguito del Covid, ha messo a disposizione ingenti risorse (per la prima volta si avrà il “problema” di investire bene le tante risorse disponibili) indicando alcuni elementi innovativi che ogni regione deve recepire per poter ottenere i finanziamenti e che, quindi hanno reso necessario intervenire sul piano legislativo per recepire le previsioni del piano nazionale.
L’impianto complessivo della legge non sarà modificato e, partendo dal principio ispiratore della legge 23/2015, “dal curare al prendersi cura”, il provvedimento al voto definisce con grande precisione il modello organizzativo territoriale del futuro, recependo le indicazioni Agenas.
L’approccio innovativo voluto dalla Moratti ha un carattere olistico, denominato “One Health”: la Lombardia intende prendersi cura delle persone, dell’ambiente, degli animali, in una logica di benessere diffuso che non riguarda solo la cura medica delle persone ma anche la prevenzione e il benessere animale come elementi complementari e necessari.
Tre sono i pilastri del nuovo assetto sanitario regionale: la definizione del modello territoriale dei Distretti, la ripresa della presa in carico dei pazienti cronici e le cure domiciliari, la tecnologia come fattore strategico di miglioramento dei percorsi di cura.
Sulla scorta delle indicazioni ministeriali, le ASST (Aziende sociosanitarie territoriali) oltre al polo ospedaliero tradizionale, attiveranno il “polo territoriale” organizzato in Distretti, uno ogni 100 mila abitanti, che avranno sedi fisiche molto riconoscibili e raggiungibile e al cuo interno operereranno tutti gli addetti ai lavori, cioè medici di famiglia (MMG), professionisti sanitari e infermieri, farmacie di servizi, operatori pubblici e privati fornitori di servizi, servizi sociali dei Comuni.
Allo stato attuale è stata avviata la fase di ricognizione delle strutture regionali disponibili ad ospitare le sedi dei Distretti, alle quali si potranno aggiungere quelle messe a disposizioni dai Comuni e dagli operatori privati accreditati, per arrivare a primavera 2022 con la mappatura completa delle 100 strutture destinate ad ospitare i Distretti.
I percorsi di cura e presa in carico verranno definiti, insieme ai budget relativi, a partire dalla presa in carico dei pazienti cronici che, in base alla tipologia di patologia, avranno un piano di cura e assistenza personalizzato e la definizione di tutte le prestazioni necessarie che saranno programmate annualmente e per le quali la prenotazione verrà eseguita tramite piattaforma informatica dal medico curante o dal “gestore unico” senza più bisogno di lunghe attese. Una rivoluzione che, per coloro che hanno già sperimentato questo modello si è rivelato decisamente utile e adeguato.
Il terzo pilastro è costituito dalla tecnologia, per la quale sono previsti enormi investimenti, grazie ai quali sarà possibile avere una rete di comunicazione unica tra tutti gli stakeholders e tra ospedali e territorio, macchinari e strumentazione all’avanguardia che garantiranno performances di cura molto superiori a quelle attuali, allineando nel tempo la qualità delle strutture pubbliche a quelle decisamente all’avanguardia messe a disposizione dal privato accreditato, in una sana competizione per garantire cure sempre più appropriate ed efficaci.
Il 2022 sarà quindi l’anno della vera ripartenza sanitaria dopo la devastazione pandemica. Il compito è molto impegnativo data la complessità del modello da implementare, ma il disegno e la volontà della Regione sono chiari e ben definiti. Come sempre, le idee camminano sulle gambe delle persone. Ma la fiducia nell’esito positivo è alta e, per dirla col premio Nobel Patch Adams “quando curi una malattia puoi vincere o perdere, ma quando ti prendi cura di una persona vinci sempre”.
Pietro Broccanello