Draghi: l’agenda non cambia dopo il voto alle amministrative
In condizioni normali dopo una tornata elettorale l’azione del Governo in carica ha spesso subito scossoni e verifiche politiche, talvolta rimettendo in discussione la stessa prosecuzione dell’esecutivo.
Stavolta è diverso. Draghi, forte del suo status di esterno della politica, non solo va avanti per la sua strada, ma ha colto il momento politico per accelerare sulla strada intrapresa con la manovra finanziaria.
In questi giorni non abbiamo sentito commenti o valutazioni politiche da parte del Premier che, al contrario, ha lasciato tutta la scena ai leader dei partiti per analisi e valutazioni del voto.
Lui, Draghi, prosegue con la sua road map per consegnare nei prossimi giorni il testo della legge di finanza al Parlamento che dovrà esprimersi a prescindere da chi ha vinto o perso le elezioni.
Anzi, come già fatto dopo il primo turno del 3 e 4 ottobre, dove aveva imposto una accelerata sull’agenda economica con l’imposizione della delega fiscale, il premier ha capito che occorre fare presto con il varo delle misure e delle riforme cruciali per evitare contraccolpi e scontri politici che l’esito elettorale porta come scorie tossiche.
Soprattutto il contraccolpo di Lega e 5 Stelle, usciti dal turno elettorale molto ridimensionati, rischia di inficiare il percorso verso il superamento di Quota 100 e Reddito di cittadinanza che rappresentano i due totem dell’ex governo gialloverde che Salvini e Conte potrebbero brandire per evitare il naufragio dei consensi.
Pur con questa incognita, Draghi non si ferma e conferma la convocazione della cabina di regia e del Consiglio dei Ministri per consolidare le linee guida della prossima legge di bilancio.
Lavorando a stretto contatto con il Ministro dell’Economia Daniele Franco, Draghi conta di portare in approvazione la manovra entro la fine di questa settimana, lunedì prossimo al più tardi. Uno slittamento dei tempi potrebbe risultare fatale e rimettere in discussione decisioni già sostanzialmente prese. E lo stratega Draghi lo sa bene.
Anche le proteste anti Green pass di questi giorni vengono derubricate come fenomeni enfatizzati mediaticamente, ma non così gravi da bloccare il processo decisionale tracciato a Roma.
Questa, casomai, è battaglia politica, dalla quale il presidente del Consiglio preferisce tenersi fuori.
Anche la legge sulla concorrenza, già in ritardo sulla tabella di marcia, è una priorità del premier che vuole evitare intralci ulteriori nelle prossime settimane, quando il dibattito e le tensioni politiche potrebbero acuirsi per la “resa dei conti” interna ai partiti sconfitti dal turno elettorale.
Per questo, anche i temi identitari come Quota 100 e Reddito di cittadinanza vanno smarcati al più presto, ora che il fine lavoro di tessitura e l’atteggiamento risoluto di Draghi hanno portato i partiti politici ad accettare la revisione e forse la cancellazione di misure poco efficaci e prive di prospettiva.
Anche la composizione della sua maggioranza non è in discussione se è vero, come pare, che il Premier abbia redarguito i leader dei partiti di governo come fa un genitore con i figli un po’ indisciplinati. Poche ma chiare parole e ci si rimette in riga.
Quello che appare chiaro è che l’approvazione della manovra di Bilancio è una priorità a cui tutte le esigenze di partito devono inchinarsi, pena il rischio per ogni partito di essere accusato di aver compromesso il lavoro dal quale dipende drammaticamente il futuro dell’Italia.
Con queste doverose premesse prosegue il lavoro che sta pian piano prendendo forma, soprattutto dopo il passaggio alla commissione UE.
Alcuni punti fermi sembrano davvero prossimi alla loro approvazione; riforma delle pensioni, ridimensionamento del reddito di cittadinanza e nuove misure di politiche attive, riduzione del cuneo fiscale, riforma fiscale.
Questi sono i temi che servono al Paese e Draghi lo sa bene, forte anche del consenso europeo per i cui vertici il premier è la garanzia sui tanti soldi che ci metteranno sul conto corrente.
Mai come ora il cronoprogramma deve essere rispettato, ne va della credibilità di Draghi (anche per un futuro al Colle) e dell’avvenire della nazione.
Pietro Broccanello