AdBlue verso l’esaurimento: milioni di tir ed auto private a rischio stop.
La sostanza, indispensabile per avviare i motori diesel, è sempre più difficile da reperire sul mercato a causa dell’elevato costo dell’energia elettrica, impiegata in grandi quantità nel processo produttivo.
Facciamo un passo indietro: nella giornata di Giovedì 30 Settembre, la direzione dello stabilimento ferrarese di Yara comunica ai sindacati la decisione di fermare i propri impianti per quattro o sei settimane a partire dalla seconda metà del mese di Ottobre. Una scelta dettata dal notevole aumento del prezzo del metano e, di conseguenza, del costo dell’energia elettrica utilizzata per la sintesi dell’ammoniaca. Questa, infatti, è la via migliore per ottenere un prodotto di qualità e non dannoso per le auto; l’alternativa, rappresentata dalla produzione per dissoluzione, comporta il rischio che il preparato risulti impuro.
Ma che cos’è, in breve, l’AdBlue?
È il nome commerciale (registrato dall’Associazione Tedesca dell’Industria Automobilistica) dell’Aus32, una soluzione al 32,5% di urea tecnica in acqua demineralizzata, usata per ridurre le emissioni degli ossidi di azoto contenuti nei gas di scarico dei veicoli con motore diesel.
Yara International, attraverso il suo stabilimento emiliano, controlla una quota pari al 60% del mercato italiano ed è l’unico produttore di AdBlue sul suolo nazionale.
Non deve sorprendere, dunque, che lo stop deciso dai vertici del sito produttivo abbia già mostrato i primi, rilevanti effetti, quali il raddoppio del prezzo del prodotto finito (passato da 25 a 50 centesimi al litro) e l’acquisto massiccio, ad opera di privati e società, dell’additivo in stock per poi rivenderlo a prezzi esorbitanti tramite canali di dubbia liceità.
Vi è, poi, chi sta provvedendo alla manomissione del dispositivo di bloccaggio o, ancóra, comprando sostanze impure, incurante dei rischi cui tali mosse espongono i veicoli.
Dopo la batosta sul prezzo del carburante, insomma, un nuovo grattacapo del quale trasportatori e proprietari d’auto avrebbero fatto volentieri a meno.
Filippo Giorgio Maitan