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    Se zia dice che è buono, è buono.

    Se zia dice che è buono, è buono.

    Per comunicare bene ci vuole passione, anche.

    Immaginate un bambino. Un bambino qualunque con un padre qualunque. Un bambino qualunque che osserva quotidianamente un padre qualunque. Un padre qualunque che lavora come pasticcere. Che è un pasticcere. Un bambino qualunque che ancora non sa cosa sarà da grande. Che tuttavia crescendo si rende conto di non avere, ahimè, grande passione per lo studio. Quello scolastico tradizionale, s’intende. E prima di tutto per non deludere la famiglia, poi anche per passione, decide di cimentarsi nella professione di pasticciere. Per seguire le orme paterne. O per tracciarne di nuove. Con un nuovo stile. Una nuova mano. Una nuova firma. E questo pasticcere, che nel frattempo è cresciuto e non è più il bambino confuso d’una volta, diventa un professionista. Impara a cucinare dolci di qualunque qualità e formato. E poi qualcuno lo nota. Qualcun altro. Un gruppo, una comunità. Un’azienda. Un’altra azienda. Un’altra azienda ancora. Fino a che ad una di queste piace così tanto che lo desidera come testimonial dei propri prodotti. Della propria, spettacolare, materia prima. Il cioccolato.

    Stiamo parlando di G., un pasticcere professionista di cui non è necessario fare nome e cognome. Un personaggio che esiste davvero, s’intende. Ma talmente umile che l’iniziale puntata del nome di battesimo è sufficiente. Più che sufficiente. E quindi, dicevo, G. è oggi testimonial di un grande brand italiano, nel segmento del cioccolato. La ICAM di Orsenigo, in provincia di Como. Un simpaticone, una persona alla mano. Molto comunicativo. Fino a che non lo si mette di fronte ad una telecamera. Lì fa un piccolo passo indietro. Si sente osservato. Alle volte inizia quasi a sudare. Nonostante gli si chieda di esibire il suo principale lavoro. Quello che oggi è una passione acclarata.

    Durante un corso di comunicazione recentemente erogato da Corefab Società Benefi presso ICAM, a G. ed altri professionisti equivalenti è stata una spiegata una cosa. Una tra le altre. Tra le tante. Una cosa molto rilevante per tutti coloro che, magari, faticano a parlare in pubblico, o di fronte ad una telecamera, ma per lavoro devono imparare a farlo. Al di là di qualunque corso di comunicazione, PNL, public speaking, comunicazione efficace (eccetera, eccetera), c’è almeno un dettaglio nella comunicazione che cambierà per sempre il contenuto della nostra comunicazione. Si può avere, come non avere. Ma quando c’è è bene metterla in mostra, senza paura (almeno in questo caso) di risultare arroganti. Si tratta di una cosa che uno chef, di norma, ha. E nel contesto o situazione giusta, sa mettere bene in evidenza: la passione. La passione per quello che fa. Quello che cucina. Quello che serve. E questa passione si può sentire quando ci si racconta. Quando si pensa al proprio percorso, al proprio passato, e in modo semplice si racconta di sé.

    Così è capitato che a G. venisse chiesto, durante una clip video nella quale preparava una ricetta con cioccolato, di parlare di sé. Di raccontarsi. Con il chiaro intento di ammorbidire la presenza di fronte alla telecamera. Nel tentativo di dare più ritmo e colore al racconto. Di sciogliere un professionista che tuttavia è sempre rimasto un po’ timoroso di fronte alla telecamera.

    Il risultato? Conversando abbiamo scoperto una frase. Una di quelle così dense significato che dovrebbe essere scritta sulla parete di una pasticceria. Ben leggibile ed evidente, così tutti gli avventori possano leggerla e, incuriositi, possano chiederne l’origine: “se zia dice che è buono, è buono”. Un modo chiaro e sicuro per spiegare che il parere di zia è sempre stato fondamentale per le ricette di G. Per “convalidarne” – diciamo così – la qualità. Una frase semplice, diretta, con pochi fronzoli. E che nasconde una storia pazzesca. Una vita intera. E che, una volta detta in video, ha permesso a G. di sbloccarsi. Di mettere davanti alla possibile paura di stare di fronte alla telecamera, la sua storia. La sua passione, la volontà di ricordare il percorso che lì l’ha condotto. Ad Icam Cioccolato. Un professionista che, come tutti, come molti, nasconde una storia vera, semplice. Una storia che, se ne avete voglia e tempo, va raccontata. Così come vale per voi, per tutti. Ogni volta che dovendo parlare in pubblico avrete timore di non sapere che strada prendere.

    Beh, una strada l’avete già presa. L’abbiamo già presa. Tanto vale raccontare ciò che di bello c’è nella propria.

    Marco Menoncello

    www.corefab.it

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