FRANCESCO GARIBALDI-HIBBERT, L’EREDE DI GIUSEPPE GARIBALDI SI RACCONTA
Il neo-Presidente dell’Associazione Nazionale Giuseppe Garibaldi, e diretto discendente del Patriota che ha fatto l’Italia intervistato dall’Informatore
È stato un onore ed un privilegio avere la possibilità di dialogare con Francesco Garibaldi-Hibbert, l’erede diretto di Giuseppe e Anita Garibaldi, durante un evento del Circolo delle Imprese nel bresciano. Anche il cav. Gianluigi Valotti, storico e referente lombardo per l’Associazione Nazionale Garibaldi si è detto entusiasta della presenza di Francesco Garibaldi a Brescia. «È fondamentale far conoscere alle nuove generazioni come Giuseppe Garibaldi ha storicamente partecipato al processo di libertà della Lombardia» ha dichiarato lo storico. Andrea Valsecchi, responsabile del Circolo delle Imprese Young, ha visto con grande piacere la presenza di Garibaldi ad un incontro del circolo: «Se oggi possiamo dirci italiani lo dobbiamo al grande operato di Giuseppe Garibaldi, ecco perchè credo che il sistema dell’istruzione, di concerto con le istituzioni di ogni grado, debbano fare squadra promuovendo l’importanza dell’identità italiana».
Francesco Garibaldi, che ha recentemente preso le redini dell’Associazione Nazionale dedicata all’eroe dei due mondi, ha in mente grandi iniziative, per far riscoprire a tutti le origini dell’essere italiani.
Ma andiamo per punti.
Buonasera Francesco. Partiamo innanzitutto dal suo cognome, cosa ci racconta?
Beh, ormai vivo tra Svizzera e Italia per motivi di lavoro, ma tengo particolarmente all’Italia per la storia, per cultura, e ovviamente per ciò che l’Italia rappresenta per la mia famiglia.
Ritengo sia importante che i miei figli possano studiare e vivere in Italia.
Quanto si sente orgoglioso e onorato del nome che porta e che peso ha chiamarsi “Garibaldi”?
È un nome importante, e spesso difficile da portare, perché c’è chi ha attaccamento alla storia risorgimentale e chi non l’ha. Quello risorgimentale è un pensiero difficile da far capire alle generazioni di oggi: bisogna entrare nella mentalità di allora altrimenti non si comprendono completamente le ragioni che hanno dato vita al Risorgimento. Certo è, che migliaia di persone hanno combattuto per la libertà, soppiantando le monarchie repressive e straniere del tempo e dando vita al concetto moderno di stato nazionale. Oggi è facile fraintendere le motivazioni dell’epoca.
Noi come discendenti diretti di Giuseppe Garibaldi abbiamo il dovere e l’onore di tramandare questi valori.
Oggi la cultura e la storia appaiono un po’ in crisi, come pensa che le istituzioni debbano intervenire per promuoverle?
L’esempio che Garibaldi e i combattenti risorgimentali ci hanno dato è eterno. Sono valori universali, che hanno dato vita a un destino per l’umanità e non vanno persi. Vanno tenuti ben presenti perché senza sapere da dove veniamo difficilmente possiamo sapere dove vogliamo andare.
L’identità nazionale non va mai persa di vista, anche se oggi viene continuamente sminuita a causa della globalizzazione, che spesso non corrisponde necessariamente alle esigenze del territorio. Abbiamo conquistato un’identità nazionale nel Risorgimento, smarcandoci dalle nazioni dalle quali dipendevamo e quel concetto va continuamente tramandato poiché rischiamo di tornare in una fase di anonimato, priva di identità.
Certo, oggi abbiamo sfide importanti che nessuno da solo può affrontare, come ha anche ricordato il Presidente della Repubblica. Dalle sfide del Covid, al cambiamento climatico, alle sfide per la democrazia che viene oggi da paesi autoritari come la Cina. Sono sfide che non si affrontano da soli.
Per fare tutto questo sicuramente il punto di partenza è l’istruzione. Senza una forte conoscenza di tutto ciò non possiamo progettare un futuro che ci convenga, e rischiamo che siano gli altri a decidere per noi.
Ha alcuni aneddoti curiosi sulla vita di Giuseppe Garibaldi che le sono stati tramandati?
Purtroppo col passare delle generazioni i ricordi si disperdono.
Mia madre – che da piccola ha passato lunghe vacanze a Caprera insieme alla nonna paterna, moglie di Ricciotti, figlio di Giuseppe Garibaldi – mi raccontava che a Caprera per pescare le aragoste – che oggi sono sparite a causa dell’inquinamento – venivano poste delle gabbie nell’acqua accompagnate da alcune strisce di camicia rossa, che ormai non serviva più. Le aragoste andavano matte per il rosso. È una cosa che mi ha sempre divertito.
Un altro episodio che ricordo, riguarda i giornali pieni di notizie delle attività di Garibaldi che giungevano alla sua abitazione di Caprera. Giuseppe Garibaldi anziché darvi importanza li utilizzava per coprire la tavola per il pranzo.
Ce ne sono tanti!
Ora è tornato a Brescia?
Mia moglie è bresciana. Mio figlio è cresciuto e tengo molto a farlo studiare in Italia. Non voglio che cresca svizzero perchè credo, come ho detto, che sia fondamentale tramandare la tradizione italiana.
Ho provato sulla mia pelle cosa significhi il contrario essendo nato e cresciuto a Londra. Quando nel 1984 sono tornato in italia per lavoro, ho iniziato a seguire il percorso garibaldino, e lo sto continuando a fare. La tradizione non si deve disperdere.
Ci sono progetti a cui pensa per il futuro dell’Associazione?
C’è molto da fare. È assolutamente necessario valorizzare i monumenti del territorio italiano, ma il compiuto più arduo sarà quello di riuscire a stimolare il popolo a celebrare ogni anno tutte le ricorrenze, che sono fondamentali per mantenere vivi i valori che ci caratterizzano. Più si riesce a stimolare l’entusiasmo, più si coinvolge la popolazione e più il ricordo sarà fervido. Bisogna cercare di unire gli italiani intorno al valore e all’idea del tricolore.
Grazie e complimenti!
A voi.
Andrea Valsecchi