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    CITTA’ METROPOLITANE E CORTE COSTITUZIONALE

    CITTA’ METROPOLITANE E CORTE COSTITUZIONALE
    A rischio l’esistenza delle città metropolitane.
    Nate senza il necessario consenso, ma con un’ evidente forzatura, costituite senza alcun rispetto dell’obbligo di dover preventivamente constatare l’esistenza di una vera omogeneità economica e sociale del territorio inserito nell’Area metropolitana, sono state un ennesimo esempio di centralismo “democratico” a danno dei principi di autonomia, di decentramento e di sussidiarietà previsti dalla Costituzione. Circa un anno fa, a tal proposito,  la Corte d’Appello di Catania, sfidando precedenti decisioni della Corte Costituzionale, ha provveduto, con propria ordinanza, a sollevare dubbi sulla costituzionalità di alcune norme della legge costitutiva della Città Metropolitane, con particolare riguardo all’articolo che prevede che “Il Sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo”.
    Tutto deriva dal ricorso di un cittadino ( evidentemente non residente nel capoluogo), che aveva segnalato che, sulla base della legge, della quale chiede la dichiarazione d’ incostituzionalità, il sindaco della città metropolitana è scelto solo dai cittadini residenti nel comune capoluogo, i quali con un unico voto eleggono, di fatto, sia il proprio sindaco, sia il sindaco dell’intera ex provincia e, quindi, ritenendo precluso il suo diritto a partecipare alla scelta del sindaco dell’ex provincia.
    Ora la Corte Costituzionale, con propria sentenza del 7-12-2021, pur dichiarando inammissibile il ricorso, perché se fosse accolto comporterebbe numerose modifiche alla legge( competenza solo del legislatore ), dichiara, modificando una sua precedente decisione del 2015 che:
    -“E’ ingiustificato il diverso trattamento riservato agli elettori residenti nel capoluogo della città metropolitana rispetto a quello delineato agli elettori residenti nelle provincie”, dove (nelle altre provincie) il presidente viene eletto, seppur in via indiretta, da tutti i cittadini della provincia, tramite i consiglieri comunali di tutti i comuni della stessa provincia;
    -Il legislatore deve subito intervenire, perché alla Corte Costituzionale è preclusa la possibilità di modificare le leggi, affinché il funzionamento dell ente metropolitano non continui a svolgersi in condizioni di “non conformità ai canoni costituzionali di esercizio dell’attività politico-amministrativa”;
    -L’elezione del sindaco metropolitano come previsto dalla legge impugnata, non è conforme alla Costituzione e risulta “Non  in sintonia con le coordinate ricavabili dal testo costituzionale”.
    La sentenza della Corte esamina, in realtà anche altre parti della legge costitutiva delle città metropolitane e, pur  ritenendosi non competente a modificare le norme anche senon rispettose della Costituzione, invita e sollecita il legislatore a intervenire tempestivamente per porvi rimedio, non rinunciando, però, con la sentenza a segnalare  la violazione dei parametri costituzionali derivanti dalla mancata previsione dell’elettività alla carica di sindaco metropolitano da parte di tutti i cittadini dell’ex provincia.
    Il legislatore nazionale che dal 2017 ha avuto numerose occasioni per intervenire ora deve provvedere a cambiare una legge nata male, contro il parere di molte regioni e di molti comuni e rispettare la norma costituzionale che indica che la Repubblica “riconosce e promuove le autonomie locali e…. attua il più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi e i metodi…. alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. Cosa ben diversa dall’accentramento di poteri fatto dallo Stato con la creazione delle città metropolitane.
    A tal proposito è da ricordare che:
    -Il Testo Unico 267/2000 ricordava che “l’Area Metropolitana è costituita dal territorio del comune capoluogo e da quello dei comuni contermini strettamente integrati per le attività economiche,  sociali, culturali,territoriali”. Principio che la Regione Veneto aveva rispettato con propria legge n.36/93 e che lo stato ha disatteso, istituendo nel 2017 le città metropolitane, senza alcuna verifica circa la loro omogeneità economica e sociale e sostituendole, anche come entità territoriale, alle provincie soppresse;
    -La città metropolitana ha motivazioni per esistere solo se si basa sul consenso dei comuni aderenti e, come gestore dei servizi di un vasto territorio omogeneo e integrato , capace di ridurre costi e sprechi, e non può, quindi, essere un obbligo la previsione di costituirle.
    E’ evidente che, ora, il Parlamento e le Regioni, per quanto di competenza, hanno una grande opportunità per perseguire l’obiettivo della riforma del sistema delle Autonomie Locali, rivedendo e potenziando i poteri dei comuni e delle provincie e provvedendo a reali e concreti decentramenti di competenze e di risorse agli enti locali e alle loro associazioni.
    Le città metropolitane, in pratica, hanno valore solo dove sono utili e dove esistono i presupposti di consenso e di opportunità, sapendo che, in ogni caso, comportano, per i comuni  perdite di quote di autonomia e con benefici da individuare.
    In tale nuovo contesto e nell’ambito di queste nuove opportunità, è auspicabile che i comuni “battano un colpo” a difesa della propria riconosciuta capacità di saper amministrare, con saggezza e in autonomia, gli interessi e i servizi della propria comunità.
    Luciano Falcier – già assessore regionale enti locali

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