LAVORATORI DELLO SPETTACOLO, LA CRISI È TUTT’ALTRO CHE PASSATA
I lavoratori del mondo dello spettacolo sono indubbiamente tra le categorie più colpite dalla crisi della pandemia, e dopo due anni, sembrano ancora essere i soggetti che più di altri stanno pagando le conseguenze dell’attuale situazione sanitaria. Il settore, a causa delle difficoltà nel rispetto del distanziamento sociale, non vede grosse opportunità di ripresa, almeno nel breve periodo. Proprio per questo è stato recentemente approvato il decreto Sostegni-bis, varato dal Governo su spinta dei Ministeri della Cultura e del Lavoro, che ha introdotto la disoccupazione involontaria – prevista per gli eventi di cessazione involontaria – per tutti i lavoratori autonomi del settore dello spettacolo. L’indennità di disoccupazione che è già possibile richiedere online sul sito Inps, viene erogata per un massimo di 6 mensilità, ed ammonta al 75% del reddito medio mensile.
La situazione
I numeri parlano chiaro: dopo un anno di pandemia i lavoratori dello spettacolo erano 70mila in meno, un calo cioè del 21% rispetto all’anno precedente. Si segnalavano infatti circa 260.000 soggetti retribuiti nel 2020; poco più di 190.000 nel 2021. Un calo più contenuto è stato invece rilevato rispetto alla media della retribuzione annuale, -1,8%, mentre si è giunti ad un -8,6% sul fronte del numero medio di giornate retribuite. La professione che più delle altre ne ha pagato le conseguenze è quella dei conduttori e animatori, diminuiti di oltre il 40% rispetto all’epoca pre-pandemica. Allo stesso modo anche il settore musicale, comprendente orchestre, musicisti, gruppi canto e ballo, ha fatto segnare una riduzione di circa un terzo degli impiegati rispetto al 2019. La quota più rilevante del settore dello spettacolo, poi, è formata dagli attori, che rappresentano il 23,6% del totale, e che hanno visto segnare una drastica riduzione degli occupati rispetto al 2019, da 61.706 a 37.088.
Una stima dei danni
Una stima dei danni è stata svolta dalla Siae nell’ultimo annuario prodotto dall’Osservatorio dello Spettacolo, evidenziando una situazione drammatica, con perdite in ogni area sia in termini assoluti che percentuali. Gli eventi, a causa della pandemia, sono diminuiti del 70%, mentre gli ingressi del 73%, nonostante nel 2020 ci fossero tutti i presupposti per determinare una crescita di domanda e offerta di concerti e spettacoli teatrali. In termini numerici è stata stimata una perdita di 3,8 miliardi di euro rispetto al 2019, che tradotta in termini percentuali significa -78% rispetto al 2019. Stesso discorso vale per la musica – l’arte più colpita – che ha fatto segnare un -83% degli spettacoli e un -89% al botteghino.
Le prospettive future
Le prospettive non sono state certo incoraggianti nel 2021 – nonostante l’Osservatorio dell’Inps non abbia ancora diffuso dati certi – e non paiono essere molto migliori nei primi mesi del 2022, complice il diffondersi della variante Omicron. Già, perché anche nell’estate del 2021, nonostante la progressiva riapertura, fino alla capienza al 100% di cinema e teatri giunta ad ottobre, non sembrava essersi risolto il nodo della crisi del settore, da una parte a causa delle difficoltà di adeguarsi ai nuovi protocolli da parte dei gestori, dall’altra vista la diffidenza dei consumatori, l’ostacolo psicologico che porta alla paura dello spettatore nell’usufruire di servizi che molto più facilmente rispetto ad altri possono portare al contagio, visti i maggiori assembramenti e l’assenza di distanziamento. E laddove non vi sono i timori crescono le nuove abitudini di consumo, con lo streaming domestico che sembra aver sostituito lo spettacolo dal vivo e del grande schermo. Molto dipenderà certo dalla curva dei contagi, ma resta innegabile che il mondo sia drasticamente cambiato in questi, ormai, due anni di pandemia.
Si tornerà come prima, o il settore dello spettacolo è cambiato per sempre?
Andrea Valsecchi