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    Il cambiamento di rotta

    Il cambiamento di rotta
    Flavio Felice
    Spesso ci interroghiamo sulle origini e sulle cause della crisi in cui versa il nostro paese, su quali potrebbero essere i rimedi, le soluzioni politiche ed economiche che dovrebbero consentirci di uscire dal pantano. Appunto, il pantano, è la parola che penso possa esprimere nel modo più adeguato la situazione attuale in cui ci troviamo e risulta difficile individuare la causa o le concause che ci hanno condotto fino a questo punto.
    E se non ci trovassimo di fronte ad una crisi?Riflettiamo sul fatto che intere generazioni sono nate in epoca di crisi e dopo quaranta anni continuano a vivere nel bel mezzo della crisi, passando di emergenza inemergenza, senza soluzione di continuità. In fondo, sono mutati solo gli interpreti politici che, sempre vittime di un presente indomabile ed emergenziale, oltre che di un futuro minaccioso, ripetono insistentemente cheviviamo in unepoca di transizione, come se ogni giorno, dal primo giorno in cui è comparso il genere umano sulla terra, non fosse un giorno di transizione.
    Piuttosto che di crisi, forse sarebbe più corretto parlare di declino e sono tanti gli analisti che da anni mettono in evidenza gli aspetti della situazione problematica del nostro paese e concordano sul fatto che continuare a sostenere la tesi della crisi per quanto di sistema aiuti poco anche a trovare le possibili soluzioni. Le crisi, infatti, richiedono interventi puntuali e mirati che agiscano direttamente sulle cause. Il declino, al contrario, assomiglia più ad un piano inclinato, lungo il quale lintero sistema è trascinato verso il baratro; in breve, il declino necessita di uninversione di marcia.
    In entrambi i casi si richiede un intervento riformatore, ma, nel caso della crisi, lintervento sarà circoscritto e non verrà messa in discussione la cultura di fondo che sottende lazione del decisore politico, nel caso del declino, invece, il processo riformatore richiede un cambio di rotta, la messa in discussione della generale cultura civile, che, nel caso del decisore politico, consiste nel ripensamento della cultura politica prevalente.
    Difficile sintetizzare con una espressione la cultura politica che dal secondo dopoguerra ad oggi ha prevalso nel nostro paese, forse risulta più agevole concentrarsisulla qualità delle nostre istituzioni e ricorrere alla nozione di estrattività, così come è stata descritta dagli scienziati sociali Daron Acemoglu e James Robinson; in pratica, una realtà civile risulta estrattiva quando èfondata sullo sfruttamento generalizzato della popolazione, mediante la creazione di ferree oligarchie, élite che trasferiscono il potere, senza sottoporsi alla logica della competizione politica ed economica.
    I caratteri specifici di tale qualità istituzionale e di sistema furono indicati sin dagli anni 50 del secolo scorso da Luigi Sturzo che ricorse alle cosiddette tre Malebestie della democrazia, nellisolamento e nella derisione di un buon numero dei suoi stessi amici ex popolari e democristiani.
    Ricordiamo che Sturzo nutriva unidea della democrazia molto chiara. Per il sacerdote siciliano, la democrazia era il regime del diritto e dellopinione; un dispositivo per lassunzione della decisione politica in una società irriducibilmente plurale (plurarchica), che avrebbe potuto contrastare il sistema del notabilato e favorito lallargamento del processo decisionale, grazie al concorso di fasce di popolazione fino ad allora escluse. Per questa ragione, la qualità del modello sturziano andrebbe riconosciuta come inclusiva, in quanto contraltare rispetto alle spinte e alle tentazioni estrattive ovvero oligarchiche.
    Le Malebestie della democrazia rappresentano gli attributi del dispositivo decisionale che ne fanno un processo estrattivo, un apparato mediante il quale unaoligarchia politica, economica e culturale si accaparra di quote di ricchezza che non le spetterebbero,se non fosse per legemonia che esercita in nome di un potere consolidato e reso inscalfibile da istituzioni fortificate per non essere contese.
    Le Malebestie sturziane sono lo statalismo, la partitocrazia e lo spreco/abuso del denaro pubblico. Per statalismo Sturzo intendeva la presenza invadente e pervasiva dello Stato in tutti gli ambiti della vita politica, economica e culturale del paese, considerandolo una degenerazione dellintervento pubblico conforme alla democrazia e al libero mercato. La partitocrazia, per il fondatore del Partito Popolare, rappresentava lesproprio, da parte dei partiti politici, del momento deliberativo, compromettendo anche la selezione della classe politica; in pratica, lingerenza dei partiti e dei sindacati nelle funzioni del potere legislativo. Infine, lo spreco del denaro pubblico appariva al prete siciliano un corollario dello statalismo e della partitocrazia, dal momento che le prime due Malebestie, mediante il cattivo uso del denaro pubblico, deresponsabilizzano il corpo sociale e svuotano di significato etico lazioneumana. Se lo statalismo finisce per negare il valore della libertà, la partitocrazia spiazza il valore delluguaglianza, lo spreco del denaro pubblico disinnesca il valore della giustizia. Libertà,uguaglianza e giustizia, per Sturzo, sono i tre valori fondanti del dispositivo democratico e i tre pilastri di una cultura politica inclusiva.
    Quindi come si inverte la rotta del declino? Forse favorendo e promuovendo una cultura politica e, più in generale, civile, ispirata a questi tre pilasti, a cominciare dal dibattito in corso sul presunto nuovo ruolo che avrebbe assunto lo Stato in seguito alla situazionepandemica. In molti ritengono che la crisi dovuta allemergenza sanitaria avrebbe ridisegnato un nuovo ruolo da protagonista dello Stato e vedono nel Recovery Fund e nel Piano Next Generation Eu la via duscita dal rigore europeo; il Leviatano è finalmente tornato libero, si sono spezzate le catene che troppo a lungo lo avevanovincolato a stupide regole di equilibrio di bilancio, lazione di governo ha riconquistato la sua discrezionalità, la politica si è ripresa il proprio spazio e si è finalmente riappropriata del primato sulla società. Èquesta levidente dimostrazione di quanto la cultura estrattiva sia radicata nel nostro paese e di quanto ci sia ancora da lavorare per far emergere una cultura politicainclusiva, popolare e liberale.
    Alla base di tale atteggiamento estrattivo e pretesa primazia della politica, esercitata mediante larbitrarietà e la discrezionalità dellazione politica, ci sarebbe la pericolosa tentazione di imputare la causa del nostro declino allesistenza dei vincoli europei, piuttosto che a responsabilità interne, legate a politiche ispirate alle tre Malebestie. Il che si traduce in un irresponsabileatteggiamento autoassolutorio da parte della classe politica, rispetto alla mancata soluzione dei problemi strutturali, riconducibili al disallineamento dellordinamento italiano rispetto a quello europeo e globale.
    È questo un punto centrale della questione relativa al ruolo che lautorità politica è chiamata a svolgere in unperiodo di indiscutibile emergenza come quello che stiamo vivendo oggi. Quale intervento pubblico sarebbe conforme ad un ordine di mercato concorrenziale, che mostri di essere in grado di rompere la tendenza oligarchica delle istituzioni, di sovvertire la legge ferrea delle oligarchie, di rompere il circolo viziosodelle istituzioni estrattive, facendo sì che il sistema democratico si mostri per quello che dovrebbe essere: un processo inclusivo?
    Diciamo subito, insieme ad una folta schiera di costituzionalisti, che il Piano Next Generation EU non deroga ad alcun trattato europeo e si applica in conformità con i principi generali sanciti dai trattati dellUnione. Ciò significa che permane un regime di condizionalità che vincola il beneficio delle risorse concesse a sostegno della ripresa e della resilienza del sistema economico nazionale.
    Quindi di quale intervento stiamo parlando? Si trattadellintervento conforme al mercato, una categoria idealtipica elaborata dai padri delleconomia sociale di mercato, un modello economico, peraltro, richiamato dallarticolo 3 del Trattato di Lisbona. È conforme al mercato un intervento quando non crea perturbazioni, risulta assorbibile dal sistema ed ha il solo fine di ristabilire le condizioni per il corretto funzionamento dellordine concorrenziale, piuttosto che sovvertirlo. Un tale intervento dovrà, dunque, essere limitato nel tempo, dovrà essere ispirato a logiche di sussidiarietà, non dovrà occupare spazi riservati alla società civile e dovrà sostenere una logica competitiva (inclusiva), piuttosto che consortile (estrattiva).
    Un intervento è conforme allordine di mercato quando non altera i meccanismi di formazione dei prezzi, incentrati sul principio di concorrenza. Sappiamo bene che i prezzi sono i vettori delle informazioni su scarsità e preferenze, controllano e registrano il potere degli attori economici e indirizzano le risorse scarse verso utilizzi ritenuti soggettivamente più utili. La manipolazione di un tale sistema produrrebbe la centralizzazione e la politicizzazione della funzione informativa svolta dal mercato, il trasferimento di informazioni dannose agli operatori economici e linnesco di dinamiche oligopolistiche, dunque, estrattive. Il mercato parla la lingua dei prezzi, e i prezzi, in mercati il più possibile ordinati, ci orientano verso consumi che guidano gli operatori economici nella direzione di investimenti ad alto valore aggiunto, che selezionano le opportunità e premiano quelle che offronomaggiori vantaggi economici. Violentare e umiliare i mercati significa corrompere il loro linguaggio, far dire loro ciò che non avrebbero mai detto se fossero stati ben ordinati da istituzioni sane, forti e credibili.
    In conclusione, dovremmo sempre domandarci qualiinterventi è opportuno che rientrino nel Recovery Plan, in quanto conformi allordine di mercato concorrenziale, e non smettere mai di chiederci se lassetto istituzionale attuale sia o meno idoneo e conforme agli ideali inclusivi-concorrenziale e se esso sia allineato con la condizionalità europea.
    In breve, se sia o meno iniziato il cambiamento di rotta verso una cultura politica popolare, liberale e inclusiva.

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