Cdm: approvata “l’ineludibile” riforma della giustizia
Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato la riforma della giustizia e del Csm. Cartabia: “Riforma ineludibile ed esigente”.
Non è cominciato nel migliore dei modi il Consiglio dei ministri di ieri sulla riforma della giustizia. La riunione è stata posticipata di circa un’ora e mezza dopo la convocazione, a causa degli approfondimenti richiesti da alcuni membri della maggioranza. In particolare, i ministri di Forza Italia hanno fatto sapere in una nota di aver chiesto e ottenuto rassicurazioni sul fatto che l’esecutivo non chiederà un voto di fiducia e che in materia di giustizia il Parlamento è sovrano.
La riforma della giustizia è stata una delle promesse principali del governo Draghi fin dal suo insediamento e nel tempo si è generata una certa aspettativa. In conferenza stampa, il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha definito tale riforma “ineludibile” ed “esigente” soprattutto nei confronti della magistratura che ha bisogno “di essere un pochino più severa con se stessa” per recuperare “fiducia e credibilità”. Parole che riecheggiano il discorso alla Camera di Sergio Mattarella in occasione dell’inizio del suo secondo mandato al Quirinale.
Alla fine il Cdm ha votato le proposte sul tavolo all’unanimità. I componenti elettivi del Csm tornano a essere trenta: niente liste per le candidature ma solo presentazioni individuali. Cartabia ha sottolineato che sono state modificate in maniera incisiva le modalità di nomina e dei vertici apicali per evitare ‘nomine a pacchetto’ e “accordi poco virtuosi”. Per quanto riguarda coloro che sono destinati a incarichi direttivi, infatti, sarà necessario procedere in maniera cronologica per riempire le sedi vacanti ed evitare le spartizioni tra le diverse correnti, mentre il criterio dell’anzianità sarà “residuale” nei confronti del merito.
Uno dei punti cruciali è lo stop alle porte girevoli. La riforma, infatti, vieta ai magistrati che hanno ricoperto cariche elettive o comunque incarichi nel governo a livello nazionale, regionale o locale, di tornare a svolgere funzioni giurisdizionali dopo il termine del proprio mandato politico. I magistrati che decidono di presentarsi alle elezioni, inoltre, non potranno farlo nelle regioni in cui hanno svolto le loro funzioni giurisdizionali nei tre anni precedenti.
Al termine del loro incarico elettivo o di governo, i magistrati saranno collocati fuori ruolo presso il ministro della Giustizia o altre amministrazioni. Diverse le condizioni per chi si candida ma non viene eletto: in questo caso ci sarà un periodo di moratoria di tre anni che costringerà il magistrato a stare lontano dalle funzioni giurisdizionali per 36 mesi, appunto, prima di tornare a esercitarle. Sulle tempistiche Cartabia si è mostrata ottimista: “Stiamo già lavorando ai decreti legislativi di attuazione: abbiamo preso l’impegno con l’Europa di portarli a termine entro la fine dell’anno e io confido di poter anticipare i tempi almeno per il penale. Stiamo lavorando bene e alacremente”.