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    Coronavirus, responsabilità e sistema sanitario lombardo: intervista al Professor Pugliese

    Intervistiamo oggi il Professor Raffaele Pugliese, Direttore Onorario del Reparto di Chirurgia Oncologica e Mininvasiva e Direttore del Dipartimento Polichirurgico dell’Ospedale Niguarda. Fondatore e Presidente dell’Accademia “Aims Academy”, centro di formazione e ricerca nell’ambito delle tecnologie chirurgiche. La sua è una parola autorevole che speriamo metta ordine nel mare magnum di voci che si sono affastellate in questo tema così delicato.

    Professor Pugliese, ci parli un po’ del Coronavirus, cosa lo rende unico?

    La famiglia è la stessa di Sars e Mers, cioè quella dei Coronavirus, ma è un beta Coronavirus nuovo. Una piccola differenza rispetto al Coronavirus della Sars lo rende diverso e sconosciuto al nostro sistema immunitario. E per questo ha infettato l’uomo entrando come in una prateria. Si sta cercando di capire sempre più a fondo la capacità infettiva e la letalità e da questo punto di vista si può dire oggi che ha una elevata capacità infettiva. È un virus con una elevata capacità di mutamenti e quindi di formare nuovi ceppi come avviene generalmente nei virus. Essi sono entità subcellulari, incapaci di autoriproduzione. Sono pertanto un incompiuto biologico, che ha bisogno di un ospite obbligato per riprodursi, quindi attacca le cellule e le usa come laboratorio per moltiplicarsi. Dal punto di vista della sintomatologia può dare forme di diverse.

    Come sappiamo quindi come regolarci?

    Già dall’esperienza cinese, anche se comunicata tardivamente abbiamo potuto apprendere dalle decisioni che avevano preso di mettere in quarantena intere regioni che la forza di diffusione di questo virus era molto intensa. Questo è decisamente confermato dall’esperienza che stiamo vivendo in Italia e nel mondo. Quindi la decisione presa attualmente in Italia di isolare il più possibile promiscuità e contatti è assolutamente necessaria. Il virus, pur infettando tutti allo stesso modo, come già detto, si presenta con sintomatologie diversificate. Oggi sappiamo che il picco di riproduzione nell’uomo è quasi immediato nel naso. Quindi è infettivo da subito anche da parte dei pazienti asintomatici. Da questo punto di vista, la quarantena e la diagnosi della malattia è indispensabile. Anche se molto complessa, la decisione di usare quanto più possibile la diagnostica con tampone sarebbe auspicabile.

    Che responsabilità ci sono in questa vicenda?

    Dobbiamo dire che nel primo caso Italiano diagnosticato all’ospedale di Codogno non c’è stata nessuna negligenza, anzi, la decisione della rianimatrice di eseguire un tampone in un paziente che si era ripresentato dopo l’inizio dei sintomi per una polmonite è stata una buona intuizione. Perché, in quel periodo ed in quella zona, l’influenza stagionale aveva raggiunto il suo picco. E negli ospedali erano stati osservati numerosi casi di polmonite. L’errore semmai è a monte, quando la Cina ha reso pubblico ed evidente cosa accadeva nella regione con capitale Wuhan, sarebbe stato necessario essere categorici, non nel sospendere i voli, ma nel controllare rigorosamente con quarantena tutti gli arrivi dalla Cina di qualunque nazionalità fossero. Certamente questo avrebbe permesso di individuare durante la quarantena dei pazienti positivi cosa che l’indagine usata negli aeroporti con lo scan della temperatura non poteva ottenere. Bisognava inoltre controllare con tampone i Cinesi e gli italiani che avevano viaggiato per e dalla Cina nei venti giorni precedenti.

    Quindi va chiuso tutto?

    Bisogna seguire le indicazioni che interessano la quarantena rispetto ai grandi affollamenti, bisogna seguire le indicazioni personali date dal ministero. Ma poiché non si può normare tutto, bisogna seguire anche le indicazioni di ridurre i contatti al minimo e fare il sacrificio necessario per combattere questa battaglia. Il bene di ognuno è anche il bene comune e questo necessita di responsabilità e di una carità. Anche perché, purtroppo, questa battaglia sarà ancora lunga, perché il picco non è ancora stato raggiunto.

    Gli ospedali come stanno reagendo?

    La Lombardia e la sanità delle regioni attualmente interessate con più vigore stanno dimostrando una capacità organizzativa ed una dedizione del personale sanitario fino al sacrificio, straordinaria, di cui essere grati.

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